Gli onigiri sono senza dubbio la specialità gastronomica giapponese più raffigurata negli anime e nei manga. Le primissime apparizioni sono datate sul finire degli anni ‘70 e il primo in assoluto a comparire sui teleschermi italiani si palesa nella quinta puntata di Atlas Ufo Robot (UFOロボグレンダイザー UFO Robo Gurendaizā), il 10 aprile del 1978. Da quel momento, il misterioso triangolino di riso guarnito dal caratteristico e altrettanto misterioso quadratino nero comparirà un po’ ovunque e praticamente in ogni serie animata in cui il cibo venga più o meno raffigurato.
Ricordo che da bambino capivo che si trattava di riso, anche perché spesso venivano raffigurati i chicchi che si appiccicavano sulla faccia del famelico protagonista di turno, ma le domande restavano molte e tutte senza risposta: cosa sono? Si tratta solamente di riso? Che sapore ha? È dolce o salato? Perché i giapponesi dovrebbero trovare così saporito un triangolo di riso? Cos’è quel quadratino nero sempre presente?
Inutile dire che non esisteva risposta a queste domande. Gli onigiri per decenni rimasero un mistero irrisolvibile e gli adattamenti in italiano non aiutavano di certo. Di fatto la parola “onigiri” non è apparsa se non in tempi recenti ed essi venivano tradotti o meglio dire, non tradotti, nei modi più disparati: in Jeeg Robot d’Acciaio vengono chiamati “focacce”, in Mazinga Z “arancini”, il caso più curioso si verifica in una puntata di Lupin III, dove Lupin, che sta spiando sotto travestimento le azioni di un investigatore, gli chiede lumi su quel che sta mangiando. Il dialogo è il seguente: “Mi scusi, potrei sapere che cosa sta mangiando?”
“Questa golosità si chiama “omusibi” (storpiatura di omusubi, un altro nome dell’onigiri) ed è un tipico dolce giapponese fatto con riso e frutta candita.“
Questa è la prima volta in cui l’onigiri assume un ruolo di rilievo nella narrazione ed è una delle primissime volte in cui si usa un nome giapponese per descrivere un cibo, seppur storpiato e sebbene poi l’onigiri venga descritto come un dolce fatto con riso e frutta candita, insomma, diamo merito all’impegno.
In quegli anni infatti, a cavallo tra ‘70 e ‘80, non sarebbe infatti stato semplice usare i nomi reali, non si sarebbe capito granché di cosa mangiassero i protagonisti e gli adattatori preferivano usare descrizioni vicine a ciò che lo spettatore italiano poteva comprendere. Nulla di male quindi, col tempo le cose sarebbero migliorate.
L’onigiri è così amato in Giappone da essere diventato simbolo del comfort food. Ricordiamo tutti la scena tratta da La Città Incantata in cui Chihiro viene consolata da un onigiri offertole da Haku, per citare una scena su tutte.
Insomma, nomi giusti o sbagliati a parte, l’onigiri è senza dubbio il cibo protagonista incontrastato di anime e manga, motivo per cui quando ho dato vita a Cibichibi l’ho scelto come logo.
Prima di passare alla procedura per ottenere i tuoi gustosissimi onigiri perfetti, ti racconto qualcosa sulla loro storia.
Gli onigiri sono fatti cucinando il riso, modellandolo a mano in un triangolo o altra forma, quindi inserendo altri ingredienti nel riso. Sono chiamati “onigiri” (おにぎり), “omusubi” (おむすび) o “nigirimeshi (”握り飯; にぎりめし) a seconda della regione, del negozio che li vende o delle abitudini personali, ma nessuno dei due termini è più corretto dell’altro. Non c’è alcuna differenza particolare tra i due termini, ma ci sono diverse spiegazioni sul perché vengano chiamati con due nomi diversi.
Riguardo al nome omusubi, la prima teoria afferma che tale termine tragga origine da Takamimusubi e Kamimusubi, due dèi della mitologia giapponese. I popoli antichi identificavano le montagne quali dèi, ed erano convinti che modellando il loro riso in forme di montagna avrebbero ricevuto la loro forza, le polpette di riso vennero quindi battezzate “omusubi” in onore degli dèi. L’idea della montagna come espressione della divinità è tutt’oggi viva nella cultura giapponese.
Un’altra teoria afferma che durante l’era Heian, le persone di alto livello sociale si riferivano alle loro polpette di riso col nome “omusubi”, mentre i cittadini comuni le chiamavano “onigiri”.
Altre teorie affermano che le parole onigiri e omusubi derivano da “oni o kiru” (che significa “abbattere gli spiriti maligni”) e “en o musubu” (che significa “stringere una relazione”).
In ogni caso il termine omusubi si riferisce sempre alla forma di montagna, mentre onigiri può riferirsi a qualsiasi forma il riso appallottolato possa assumere, questo è il motivo per cui si ritiene che l’origine più probabile del termine onigiri sia mutuata dal termine nigiru che significa afferrare, tenere in mano, pressare o dare una forma.
Inutile dire che il termine più conosciuto, probabilmente perché risulta il primo ad essersi diffuso al di fuori del Giappone sia “onigiri” e così ci riferiremo ad essi da qui in poi.
Fonte: https://matcha-jp.com/en/1635
L’abitudine di appallottolare il riso prima di mangiarlo è molto antica e il primo reperto documentato risale addirittura a duemila anni fa, come testimonia il ritrovamento effettuato durante degli scavi in Giappone. Sul reperto sono infatti state trovate impronte digitali che testimoniano l’abitudine di pressare il riso.
In epoca più recente, durante l’era Heian (794-1185/1192), prende vita l’onigiri come lo conosciamo oggi, ma ancora senza alga, che viene servito a corte ed è il pasto della servitù. All’epoca è conosciuto con il nome di tonjiki (頓食), ovvero “pasto veloce”. Esso diventa via via il simbolo di un pasto frugale, adatto ad esempio ad essere trasportato e consumato durante le battaglie, o nei picnic in tempo di pace. Dovranno passare ancora cinque secoli, periodo Genroku (1688-1704), affinché le alghe processate e pressate in fogli essiccati vengano prodotte in massa e possano divenire di facile accesso per tutti, dando così vita all’onigiri come lo conosciamo oggi.
Ora che conosci le basi nozionistiche sull’onigiri è il tempo di passare alla parte pratica e imparare a farne di perfetti.
La prima cosa, quella essenziale, è avere a disposizione il riso già pronto. Cotto seguendo la corretta procedura, che potrai trovare nell’apposito articolo corredato di video ricetta che ho già pubblicato al seguente link: https://cibichibi.it/2020/03/16/come-cucinare-il-riso-degli-anime/
L’onigiri si presta ad essere riempito con qualsiasi ripieno salato che i tuoi gusti desiderino. L’unico limite è la tua fantasia. Ecco di seguito una lista di ripieni tradizionali e non.
Le materie prime necessarie per preparare alcuni dei seguenti ripieni sono di difficile reperimento, altre possono essere reperite facilmente, altri ancora sono di uso comune anche in Italia e li inseriamo a beneficio della completezza di informazioni:
Qui il discorso è molto più vario, infatti l’onigiri appartiene a quel genere di preparazioni che si presta alla fantasia e ai gusti personali. Devi vedere l’onigiri come un elemento “neutro” che può sposarsi con un’infinità di ripieni e di varianti. Qui gli unici limiti sono i tuoi gusti, la tua fantasia e la disponibilità di ingredienti che hai al momento.
Affrontare uno per uno questi ripieni richiederebbe un articolo chilometrico. Nel video ci concentriamo su quattro ripieni, due tradizionali e due “liberi”:
I ripieni come tonno e maionese necessitano di qualche informazione aggiuntiva.
Va infatti tenuto a mente che, qualora scegliessimo un ripieno che per sua natura risulti “cremoso”, bisognerà avere l’accortezza di non esercitare eccessiva pressione in fase di modellazione della pallina di riso. Nel video vi mostro per bene come fare.
A questo punto i tuoi onigiri sono pronti, buon appetito!
Altre fonti di approfondimento: http://www.iromegane.com/japan/vocabulary/history-of-onigiri/
Gli onigiri sono senza dubbio la specialità gastronomica giapponese più raffigurata negli anime e nei manga. Le primissime apparizioni sono datate sul finire degli anni ‘70 e il primo in assoluto a comparire sui teleschermi italiani si palesa nella quinta puntata di Atlas Ufo Robot (UFOロボグレンダイザー UFO Robo Gurendaizā), il 10 aprile del 1978. Da quel momento, il misterioso triangolino di riso guarnito dal caratteristico e altrettanto misterioso quadratino nero comparirà un po’ ovunque e praticamente in ogni serie animata in cui il cibo venga più o meno raffigurato.
Ricordo che da bambino capivo che si trattava di riso, anche perché spesso venivano raffigurati i chicchi che si appiccicavano sulla faccia del famelico protagonista di turno, ma le domande restavano molte e tutte senza risposta: cosa sono? Si tratta solamente di riso? Che sapore ha? È dolce o salato? Perché i giapponesi dovrebbero trovare così saporito un triangolo di riso? Cos’è quel quadratino nero sempre presente?
Inutile dire che non esisteva risposta a queste domande. Gli onigiri per decenni rimasero un mistero irrisolvibile e gli adattamenti in italiano non aiutavano di certo. Di fatto la parola “onigiri” non è apparsa se non in tempi recenti ed essi venivano tradotti o meglio dire, non tradotti, nei modi più disparati: in Jeeg Robot d’Acciaio vengono chiamati “focacce”, in Mazinga Z “arancini”, il caso più curioso si verifica in una puntata di Lupin III, dove Lupin, che sta spiando sotto travestimento le azioni di un investigatore, gli chiede lumi su quel che sta mangiando. Il dialogo è il seguente: “Mi scusi, potrei sapere che cosa sta mangiando?”
“Questa golosità si chiama “omusibi” (storpiatura di omusubi, un altro nome dell’onigiri) ed è un tipico dolce giapponese fatto con riso e frutta candita.“
Questa è la prima volta in cui l’onigiri assume un ruolo di rilievo nella narrazione ed è una delle primissime volte in cui si usa un nome giapponese per descrivere un cibo, seppur storpiato e sebbene poi l’onigiri venga descritto come un dolce fatto con riso e frutta candita, insomma, diamo merito all’impegno.
In quegli anni infatti, a cavallo tra ‘70 e ‘80, non sarebbe infatti stato semplice usare i nomi reali, non si sarebbe capito granché di cosa mangiassero i protagonisti e gli adattatori preferivano usare descrizioni vicine a ciò che lo spettatore italiano poteva comprendere. Nulla di male quindi, col tempo le cose sarebbero migliorate.
L’onigiri è così amato in Giappone da essere diventato simbolo del comfort food. Ricordiamo tutti la scena tratta da La Città Incantata in cui Chihiro viene consolata da un onigiri offertole da Haku, per citare una scena su tutte.
Insomma, nomi giusti o sbagliati a parte, l’onigiri è senza dubbio il cibo protagonista incontrastato di anime e manga, motivo per cui quando ho dato vita a Cibichibi l’ho scelto come logo.
Prima di passare alla procedura per ottenere i tuoi gustosissimi onigiri perfetti, ti racconto qualcosa sulla loro storia.
Gli onigiri sono fatti cucinando il riso, modellandolo a mano in un triangolo o altra forma, quindi inserendo altri ingredienti nel riso. Sono chiamati “onigiri” (おにぎり), “omusubi” (おむすび) o “nigirimeshi (”握り飯; にぎりめし) a seconda della regione, del negozio che li vende o delle abitudini personali, ma nessuno dei due termini è più corretto dell’altro. Non c’è alcuna differenza particolare tra i due termini, ma ci sono diverse spiegazioni sul perché vengano chiamati con due nomi diversi.
Riguardo al nome omusubi, la prima teoria afferma che tale termine tragga origine da Takamimusubi e Kamimusubi, due dèi della mitologia giapponese. I popoli antichi identificavano le montagne quali dèi, ed erano convinti che modellando il loro riso in forme di montagna avrebbero ricevuto la loro forza, le polpette di riso vennero quindi battezzate “omusubi” in onore degli dèi. L’idea della montagna come espressione della divinità è tutt’oggi viva nella cultura giapponese.
Un’altra teoria afferma che durante l’era Heian, le persone di alto livello sociale si riferivano alle loro polpette di riso col nome “omusubi”, mentre i cittadini comuni le chiamavano “onigiri”.
Altre teorie affermano che le parole onigiri e omusubi derivano da “oni o kiru” (che significa “abbattere gli spiriti maligni”) e “en o musubu” (che significa “stringere una relazione”).
In ogni caso il termine omusubi si riferisce sempre alla forma di montagna, mentre onigiri può riferirsi a qualsiasi forma il riso appallottolato possa assumere, questo è il motivo per cui si ritiene che l’origine più probabile del termine onigiri sia mutuata dal termine nigiru che significa afferrare, tenere in mano, pressare o dare una forma.
Inutile dire che il termine più conosciuto, probabilmente perché risulta il primo ad essersi diffuso al di fuori del Giappone sia “onigiri” e così ci riferiremo ad essi da qui in poi.
Fonte: https://matcha-jp.com/en/1635
L’abitudine di appallottolare il riso prima di mangiarlo è molto antica e il primo reperto documentato risale addirittura a duemila anni fa, come testimonia il ritrovamento effettuato durante degli scavi in Giappone. Sul reperto sono infatti state trovate impronte digitali che testimoniano l’abitudine di pressare il riso.
In epoca più recente, durante l’era Heian (794-1185/1192), prende vita l’onigiri come lo conosciamo oggi, ma ancora senza alga, che viene servito a corte ed è il pasto della servitù. All’epoca è conosciuto con il nome di tonjiki (頓食), ovvero “pasto veloce”. Esso diventa via via il simbolo di un pasto frugale, adatto ad esempio ad essere trasportato e consumato durante le battaglie, o nei picnic in tempo di pace. Dovranno passare ancora cinque secoli, periodo Genroku (1688-1704), affinché le alghe processate e pressate in fogli essiccati vengano prodotte in massa e possano divenire di facile accesso per tutti, dando così vita all’onigiri come lo conosciamo oggi.
Ora che conosci le basi nozionistiche sull’onigiri è il tempo di passare alla parte pratica e imparare a farne di perfetti.
La prima cosa, quella essenziale, è avere a disposizione il riso già pronto. Cotto seguendo la corretta procedura, che potrai trovare nell’apposito articolo corredato di video ricetta che ho già pubblicato al seguente link: https://cibichibi.it/2020/03/16/come-cucinare-il-riso-degli-anime/
L’onigiri si presta ad essere riempito con qualsiasi ripieno salato che i tuoi gusti desiderino. L’unico limite è la tua fantasia. Ecco di seguito una lista di ripieni tradizionali e non.
Le materie prime necessarie per preparare alcuni dei seguenti ripieni sono di difficile reperimento, altre possono essere reperite facilmente, altri ancora sono di uso comune anche in Italia e li inseriamo a beneficio della completezza di informazioni:
Qui il discorso è molto più vario, infatti l’onigiri appartiene a quel genere di preparazioni che si presta alla fantasia e ai gusti personali. Devi vedere l’onigiri come un elemento “neutro” che può sposarsi con un’infinità di ripieni e di varianti. Qui gli unici limiti sono i tuoi gusti, la tua fantasia e la disponibilità di ingredienti che hai al momento.
Affrontare uno per uno questi ripieni richiederebbe un articolo chilometrico. Nel video ci concentriamo su quattro ripieni, due tradizionali e due “liberi”:
I ripieni come tonno e maionese necessitano di qualche informazione aggiuntiva.
Va infatti tenuto a mente che, qualora scegliessimo un ripieno che per sua natura risulti “cremoso”, bisognerà avere l’accortezza di non esercitare eccessiva pressione in fase di modellazione della pallina di riso. Nel video vi mostro per bene come fare.
A questo punto i tuoi onigiri sono pronti, buon appetito!
Altre fonti di approfondimento: http://www.iromegane.com/japan/vocabulary/history-of-onigiri/