In questa pagina potrai leggere i capitoli de Il Fantastico Mondo di Ojisan pubblicati mensilmente sulla newsletter di Cibichibi. Quelli che trovi qui sono i racconti pubblicati un mese dopo la loro prima uscita.

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Capitolo 1 – L’inizio

Parte prima – Prologo

Il suono assordante dell’allarme, che emetteva i suoi 70 decibel da ormai più di un’ora, non contribuiva affatto a mantenere la mente lucida. Gli operatori snocciolavano dati senza sosta, alla ricerca della falla che aveva permesso al piccolo commando di penetrare fin nel cuore del quartier generale della M.U.S.C.L.E.

La dottoressa Akire sembrava essere l’unica a non essere in preda alla confusione. Restava immobile ad osservare il mega schermo sul quale lampeggiava la scritta “ALARM”. Si concedeva solamente un lento movimento per portarsi il caffè alla bocca. Nero, nerissimo e amaro.

Allenare la propria mente alla calma interiore era sempre stato un suo vanto. Quando tutto intorno il caos prendeva il sopravvento lei si rifugiava nel suo mondo mentale, e lì, separata da tutto, elaborava ogni singola informazione, calcolava, scartava e avvallava ipotesi.

«Ingressi dall’uno al 26 inviolati!» esclamò un operatore.

«Impossibile! Da qualche parte devono pur essere passati!» gridò di rimando il diretto superiore che, in preda al panico, non contribuiva certo ad una analisi calcolata.

«Ma come fai a stare lì come se fossi fatta di pietra!» esclamò Hirachi «Non so se mi fa uscire più di testa questa situazione, oppure tu che te ne resti immobile a bere il caffè!»

La generalissima Hirachi, a dispetto della sua bassa statura e della corporatura esile, era la massima autorità militare in carica della M.U.S.C.L.E. Si era guadagnata tutte le promozioni sul campo, azione dopo azione, manifestando capacità tattiche non comuni grazie alle quali aveva più volte determinato la vittoria contro i più svariati nemici dell’organizzazione di monitoraggio inter-mondo.

«Dovresti berne una tazza con me. Come facevamo prima degli esami, ai tempi dell’università.» rispose Akire senza scomporsi, poi continuò «Stiamo cercando nel posto sbagliato. Il commando che ha rapito il professor Hitto non ha agito autonomamente, c’è stato un aiuto dall’interno.»

«Una talpa qui alla M.U.S.C.L.E.?» trasalì Hirachi.

«Sì. Dobbiamo controllare gli accessi ai sistemi di controllo delle barriere mistiche.» ordinò Akire.

«Lo abbiamo già fatto e risulta tutto in ordine. Nessuna anomalia registrata. Nessuna disattivazione delle barriere mistiche, né di quelle fisiche. Niente di niente.» ribatté Hirachi.

«Questo perché nessuna barriera è stata abbassata. Semplicemente è stata ignorata.» Per la prima volta da quando il misterioso commando aveva fatto irruzione nell’ufficio del professor Hitto, capo supremo della M.U.S.C.L.E., rapendolo, la dottoressa Akire ebbe un sussulto.

Posando con violenza la tazza sulla sua scrivania esclamò «Il problema è più grande di quel che sembra. Per eseguire un’azione del genere c’è bisogno di capacità non comuni. Siamo di fronte ad un’alleanza tra Soggetti!» esclamò sgranando gli occhi «E qualcuno spenga quel maledetto allarme!»

L’ordine venne immediatamente eseguito, facendo calare un silenzio surreale nel centro di comando. Hirachi comprendeva bene la portata dell’intuizione di Akire. L’ultima volta che si era formata un’alleanza tra Soggetti si era rischiata la distruzione dei due mondi e la guerra si era protratta per anni.

Hirachi prese il controllo della situazione e diede l’ordine «Preparare il corpo di élite. Calcolare il segnale residuo del teletrasporto e localizzare il commando. Andiamo a riprenderci il professore.»

 

Un cucchiaio di legno

«Pancetta, ok. Noodles, ok. Narutomaki, ok. Cipollotti e bambù marinato, ok. Brodo, ok. C’è tutto.»

Come ogni giorno, Ojisan stava passando in rassegna gli elementi per comporre il Naruto Ramen che avrebbe servito quella sera stessa. Intanto un brodo profumatissimo e ribollente stava terminando la cottura nella grossa pentola, sul fuoco.

Nonostante il caldo all’interno della cucina, che faceva sembrare le temperature estive una fresca brezza, il suo volto era rilassato. I suoi gesti precisi sembravano seguire il ritmo delle sigle che si diffondevano dagli altoparlanti.

«♪ Io credo in me, nel cuore mio, Naruto, Naruto… ♪»

Maneggiando con abilità un affilatissimo coltello, prese a tagliare a fette la pancetta, che adagiò in un contenitore, pronte per essere sistemate, al momento opportuno, nella ciotola di ramen. Quella sera erano attesi diversi clienti e Ojisan voleva che tutto fosse perfetto per un’esperienza totale nel Manga Food.

Da quando aveva terminato con la sua vecchia attività, avviare un progetto di ristorazione ispirato ai piatti dei manga e degli anime gli era sembrato il modo migliore per celebrare i vecchi tempi.

Mancava ormai pochissimo al suono del timer che avrebbe indicato con precisione quando spegnere la fiamma e terminare così la cottura del brodo.

5…

4…

3…

2…

1…

Un suono molto acuto si diffuse per il locale, ancora chiuso al pubblico.

Ojisan trasalì, sapeva che il brodo andava tolto, che tutti gli altri ingredienti erano pronti, ma sapeva anche che quello che udiva non era il cicalino del timer di cottura. Una smorfia di incredulità si manifestò sul suo volto, il coltello gli cadde dalle mani, finendo sul pavimento con un suono secco.

«Agente Ojisan a rapporto, emergenza di livello 1 in corso. Agente Ojisan a rapporto, emergenza di livello 1 in corso.»

Dall’altoparlante dove poco prima risuonava la raccolta di sigle degli anime degli ultimi quarant’anni, ora usciva la voce di Hirachi, che Ojisan conosceva bene, in qualità di ex agente al soldo della M.U.S.C.L.E. Una carriera, quella, che aveva deciso di abbandonare qualche anno prima, quando aveva scelto una vita più tranquilla, dedicandosi a tempo pieno alla sua più grande passione, la cucina.

«Hirachi, ma sei impazzita? Io ho rassegnato le dimissioni. Te ne sei dimenticata?»

«Oji, i convenevoli li rimandiamo a dopo. Ho detto che si tratta di un’emergenza di livello 1. Secondo gli accordi inter-mondo questo è sufficiente per richiamare in servizio anche gli ex agenti come te.»

Ojisan sapeva bene quale grave livello di pericolo indicavano le parole di Hirachi, le minacce di livello 1 si attivavano quando la stessa esistenza dei due mondi era a rischio.

«Lo so benissimo, ma in ogni caso non  posso fare nulla per voi, questa sera ho clienti.»

«Questa sera i clienti potrebbero non esistere più se non vieni immediatamente al centro operativo.»

«Ma stai scherzando. Cosa dovrei fare? Annullare la serata e chiudere il locale?»

«Non è un problema che mi riguardi e non hai scelta.» Nelle parole di Hirachi si percepiva tutta la gravità della situazione.

«Già non ho scelta. Sareste capaci di mandarmi a prelevare con un commando attirando le attenzioni di tutta la via.» rispose Ojisan «Comunque non sono in grado di raggiungervi, non ho più il dispositivo di accesso, vi tocca darmi un passaggio.»

«Vorrei proprio sapere dove hai messo il dispositivo, ma ne riparleremo più avanti.» lo rimproverò Hirachi «Ti abbiamo già assegnato un traghettatore, prelevalo dal ripiano delle action figure e attivalo.»

Ojisan prese una scaletta e, sbuffando, afferrò una delle action figure che erano riposte sulla mensola. Sembrava sapere esattamente cosa fare. La pose per terra e attese.

Dopo qualche secondo un lampo accecante inondò il locale e da quella luce intensa emerse la action figure, la quale aveva preso vita. 

«Salve, sono PìBì e sono il tuo traghett…»

«Sì sì lo so e io sono Ojisan, ex agente di livello 3, puoi evitare tutto lo spiegone. Attiva il portale e andiamo, che ho poco tempo, poi devo assolutamente tornare per aprire il locale.»

«Certo Signore.» PìBì batté con la mano sulla parete al di sotto di uno dei banconi laterali facendo così comparire un portale appena sufficiente perché ci passasse Ojisan.

«Prego agente, dopo di lei.» disse PìBì.

«Ah, quasi dimenticavo la cosa più importante!» così dicendo Ojisan corse in cucina e tornò con un cucchiaio di legno in mano.

«In effetti ero un po’ perplessa per tale dimenticanza.» rispose PìBì.

«Comunque, sempre comodi questi passaggi, eh!» esclamò infastidito Ojisan mentre si infilava nello stretto portale.

Durante un viaggio inter-mondo i corpi si allungano, si dilatano, si distorcono e poi vengono sputati fuori dal portale che sta all’altra estremità. Questa era sempre stata la parte più odiata da Ojisan, il quale ebbe appena il tempo di rialzarsi prima di udire un messaggio che conosceva molto bene.

«Benvenuti al Centro Strategico Operativo della M.U.S.C.L.E., vi preghiamo di seguire con attenzione le indicazioni che vi verranno mostrate durante il percorso. Ogni deviazione non autorizzata sarà punita con la morte. Ci auguriamo che la vostra visita risulti piacevole.»

La voce artificiale di A.I.C.O. diede il benvenuto a Ojisan, incurante del fatto che egli conoscesse alla perfezione la base della M.U.S.C.L.E. La “zona di atterraggio” era una grande stanza imbottita appositamente per evitare danni ai viaggiatori in arrivo, sulle pareti metalliche campeggiava il logo dell’organizzazione, un possente braccio umano nell’atto di contrarre il bicipite, stretta nel pugno una spada, tatuato sul deltoide un pennino da mangaka. Più sotto la scritta “Manga Under Surveillance, Control, Laws, Equilibrium”.

Ojisan sapeva che da lì a poco sarebbe dovuto sottostare all’ennesima spiegazione di cui già sapeva tutto. La forte impronta burocratica della M.U.S.C.L.E. era stata uno dei motivi per cui aveva deciso di abbandonare quella vita. Ojisan odiava la burocrazia.

«Di qua c’è la sala di formazione, prego.» indicò PìBì con voce sottile.

«Ma è proprio necessario?» chiese, conoscendo già la risposta, Ojisan.

«Temo di sì Signore. Lei manca da qualche anno e la procedura è chiara: gli agenti che tornano in servizio dopo una lunga assenza devono sottoporsi ad una sessione lampo di formazione e informazione. Sono le regole.» rispose PìBì.

«Per fortuna è la versione lampo!» Ojisan si diresse verso la sala di formazione.

«Bentornato agente 677092. Sono A.I.C.O., Artificial Intelligence Co-Ordinator. Mettiti comodo, la sessione durerà pochi minuti.» esordì il sistema automatizzato.

«La M.U.S.C.L.E. nasce sul finire degli anni ‘60 per volere dei principali governi mondiali. In seguito all’evento denominato “Primo Contatto”, alcuni individui venivano a conoscenza che il mondo degli anime e dei manga, da noi ribattezzato “Animanga” esisteva realmente, anche se su un piano diverso dal nostro. Non si trattava solamente di opere di fantasia, ma di un mondo che veniva e viene tutt’ora creato dalla fantasia dei suoi creatori combinata all’energia mentale e psichica di chi se ne appassiona.

Nel 1956, ad Osaka in Giappone, un bambino dall’aspetto “insolito”, si presentò nel cuore della notte presso un comando di polizia. Gli agenti in servizio, nel tentare di capire da dove arrivasse e chi fossero i suoi genitori, ricevevano una sola risposta: “Portatemi dal mio creatore”.

Gli agenti non riuscivano a fargli dire altro, finché un agente dai modi troppo bruschi non tentò di strattonarlo, forse per ottenere una reazione. La reazione ci fu, ma non quella che gli agenti si aspettavano. Il bambino infatti scoperchiò il tetto della centrale con un unico e potentissimo raggio laser fuoriuscito da un braccio.

Nel panico generale qualcuno esclamò “鉄腕アトムです!”, ovvero “È Astro Boy!”. Le successive ore passarono tra via vai di camionette dell’esercito, comunicazioni concitate e l’arrivo di Osamu Tezuka, il padre dei manga moderni, il quale venne rintracciato e condotto in loco. Tezuka, da uomo mite quale era, non si oppose alla strana richiesta del comandante della polizia, ma non poteva certo credere che una delle sue creature immaginarie potesse essere reale.

Dovette ricredersi quando vide la piccola figura immobile al centro di quella devastazione che fino a poche ore prima era la stazione di polizia. Quando il piccolo robot lo vide, si avvicinò a piccoli passi verso di lui e, una volta giuntogli di fronte, gli disse “Padre, rimandami a casa.”

Da indagini successive emerse che Astro Boy, involontariamente, era riuscito a passare da Animanga al mondo reale. Non fu in grado di spiegare come, in qualche modo era implicata la sua velocità supersonica. All’epoca ancora non si sapeva, ma le alte velocità possono, in certe condizioni, permettere ai Soggetti di accedere al mondo reale.

In seguito a questa scoperta il governo si attivò per trovare un modo di rimandare indietro il piccolo robot, il quale, anche se non volutamente, rappresentava una minaccia seria per la sicurezza della nazione e del mondo intero. D’altronde con un solo impulso dei suoi laser aveva scoperchiato un tetto, nessuno sapeva cosa avrebbe potuto fare al massimo del suo potenziale. L’unico metro di riferimento erano le storie che ne narravano le gesta.

La produzione manga e anime era ancora ai suoi albori, ma qualcuno si pose il problema di cosa sarebbe potuto accadere in futuro, con la nascita di personaggi sempre più potenti e veloci.

Sorse quindi la necessità di porre rimedio a questo potenziale pericolo. Le migliori menti mondiali, con il Giappone in testa, svilupparono tecnologie in grado di controllare gli accessi tra i due mondi. Vennero inviati esploratori, i quali presero contatto con gli universi, che via via diventavano sempre più numerosi. Vennero create serie apposite in cui esistevano tecnologie adatte allo scopo, le quali vennero poi trasferite nel mondo reale.

Tutti i mangaka, la cui fantasia non poteva certo essere imbrigliata, vennero monitorati in gran segreto. Ogni volta che nasceva un universo narrativo, un emissario si occupava di prendere contatti con i nuovi Soggetti, spiegando loro che la stessa esistenza del loro mondo dipendeva dal rispetto delle regole appositamente create per la sicurezza di tutti.

Nacque così la M.U.S.C.L.E., Manga Under Surveillance, Control, Laws, Equilibrium, un’organizzazione super governativa la cui opera di sorveglianza è garanzia di una pacifica convivenza tra Animanga e mondo reale.

I personaggi che vivono dentro Animanga sono identificati come Soggetti, i loro mondi sono identificati da codici univoci, la cui lista completa è nel kit che puoi trovare a fianco a te.

La M.U.S.C.L.E. è dotata di barriere potentissime, sia mistiche, sia fisiche, di difesa e di offesa, la cui tecnologia è di origine Animanghiana, ed è inespugnabile, rappresentando il posto più sicuro dell’intero universo.

In seguito al Primo Contatto, sono state create tecnologie in grado di impedire agli abitanti dei rispettivi mondi di sconfinare, anche solo accidentalmente. Senza il consenso e la tecnologia della M.U.S.C.L.E. nulla può passare da un mondo all’altro, poiché verrebbe incenerito all’istante, non importa quanto potente sia chi provi a farlo.

Se vuoi avviare il programma di primo addestramento pronuncia “prosegui”, in caso contrario pronuncia “salta”.»

Ojisan che quasi si era addormentato nel sentire una storia che conosceva già a memoria, trasalì e si affrettò a pronunciare il comando «Salta!»

«Se vuoi ricevere informazioni logistiche sul centr…»

«Salta!»

«Se vuoi fornirci suggerimenti o …»

«Salta!»

«Bene 677092, puoi procedere con la tua visita.» concluse A.I.C.O.

«Era ora.» sospirò Ojisan.

Un nastro mobile che sembrava allungarsi all’infinito condusse Ojisan fino al cuore del centro operativo. Durante il tragitto, ritrovatosi nuovamente in quel luogo, egli ripensò alle vecchie battaglie a fianco di Hirachi, e alla supervisione precisa di Akire. Ripensò che quella vita non gli mancava affatto, se non per i vecchi amici degli universi narrativi che aveva dovuto salutare per sempre. Per sempre, fino a questo momento.

La doppia porta metallica, spessa 20 centimetri, si spalancò di colpo, richiamando Ojisan alla realtà. Dietro la porta Hirachi, con le braccia conserte e un’espressione minacciosa in volto, lo stava attendendo.

«Non dire nulla,» disse Hirachi «anche io avrei fatto volentieri a meno di te.»

La generalissima sembrava ancora piena di rancore per l’abbandono improvviso di Ojisan, il quale si limitò a rispondere «Ti ricordavo meno gentile.»

Meno altera si dimostrò la dottoressa Akire, che accolse Ojisan con un sorriso, aggiungendo «Ti va un caffè?»

Ojisan rifiutò garbatamente e rispose «Vorrei solamente capire cosa ci faccio qui e cosa possa fare una vecchia spia che la vostra potente intelligence non sia in grado di fare.»

Hirachi prese la parola, anticipando Akire «Sei mesi fa la M.U.S.C.L.E. ha subito un’azione lampo. Un commando è riuscito a oltrepassare le difese e a rapire Hitto.»

Ojisan trattenne lo stupore in favore di una battuta che aspettava di fare da anni «Qualcuno è riuscito a sradicare il vecchio dal suo ufficio? Allora la situazione è veramente grave.»

Akire, sapendo che Hirachi era ad un passo dall’esplodere, intervenne: «Sì e non basta. La nostra risposta non si è fatta attendere e abbiamo subito localizzato gli spostamenti del commando, inviando il corpo di élite per effettuare il recupero del professore. Il risultato è stato un massacro. La migliore squadra di assalto mai esistita è stata trucidata in meno di sette secondi da una forza sconosciuta, o meglio, da una forza familiare, anche se non identificata.»

«Per familiare intendete Freezer, Boros e simili?» chiese Ojisan.

«Per quanto ne sappiamo potrebbe essere stato Light Yagami, Freezer, All for One, non lo sappiamo. Abbiamo subito fortissime interferenze e non abbiamo potuto identificare né la firma energetica dell’attaccante, né la modalità di attacco, né l’universo in cui ciò è accaduto.» rispose Akire.

Ojisan guardò Hirachi, ben conscio che il suo atteggiamento ostile nascondeva in realtà il suo senso di colpa per quanto successo. Era lei, in fondo, la responsabile tattica della M.U.S.C.L.E.

Hirachi allentò di un po’ l’espressione dura in volto e quasi sussurrò «Abbiamo fatto tutto quello che sapevamo fare meglio, ma il nemico non era solo.»

«Esatto,» aggiunse Akire «ho passato gli ultimi sei mesi a incrociare i pochi dati in nostro possesso ed è emerso un fatto ancora più inquietante.»

«Quale?» chiese Ojisan.

«Il nostro nemico è stato in grado di coalizzare i villain dei diversi universi narrativi.»

«Ma questo è assurdo, se non addirittura impossibile. L’ultima e unica volta in cui è successo tutti, villain compresi, hanno capito che è qualcosa che può annientare anche loro!» esclamò Ojisan.

«Lo pensavamo fino ad un attimo prima che i dati ci dessero torto.» Akire si fece scura in viso. «L’azione del commando all’interno del centro, il disturbo delle trasmissioni, l’azione chirurgica e spietata sull’élite. Tutti questi elementi sono il frutto di un’azione congiunta tra più poteri e abilità.»

«Inizio a capire perché mi abbiate convocato. Vi servono le mie capacità spionistiche.» concluse Ojisan.

«Esattamente.» disse Akire «Nessun’altro come te dispone di una rete di informatori così estesa per tutti gli universi.»

Hirachi riprese la parola «Le azioni dirette si sono dimostrare infruttuose. C’è bisogno di un lavoro di indagine capillare e il più discreto possibile.»

«Comprensibile.» Ojisan si fece riflessivo, poi alzò gli occhi e disse «Però c’è un problema. Io non posso più dedicarmi a questa attività. Sì, posso essere di supporto, aiutare un agente giovane e capace, ma non posso più farlo in prima persona. Ho un altro lavoro adesso e mi piace tantissimo. Mi dispiace.»

«Capisco e non possiamo certo obbligarti con la forza. Mi fa davvero piacere che tu stia bene.» Hirachi sembrava essersi ammorbidita «L’unico problema è che non abbiamo altri agenti alla tua altezza e i tuoi informatori, comunque, non si fiderebbero di altri. Il lavoro che hai fatto negli anni passati, la rete di informatori intessuta, è qualcosa che va oltre le forze che potremmo mettere in campo. Per molti anni non è stata necessaria, non avendo più dovuto affrontare minacce di grossa rilevanza, ma ora è diverso. Non puoi abbandonarci, non puoi abbandonare Hitto.»

«Ehi Hira, ci provi con l’adulazione? Lo sai che sono addestrato per resistere.» Ojisan tentò di allentare la tensione con una battuta.

«Ma lo capisci che se non intervieni non avremo altre risorse a disposizione? Le abbiamo pensate tutte, ma non c’è nessuna altra soluzione, il Motor Arm ha dato il suo responso. Tu sei il solo elemento in grado di fare la differenza. E, credimi, sto ingoiando tutto il mio orgoglio per dirti queste cose!» Hirachi sembrava essere sull’orlo di una crisi di pianto.

«M.O.T.O.R. A.R.M., MOst Tactical ORacle in A Robotic Mind, mi ero quasi dimenticato di quel ferro vecchio che parla in rima come un profeta da baraccone. Pendete ancora dalle sue labbra robotiche?» Ojisan sorrise incredulo.

«L’unità tattica si è rivelata utile in moltissime occasioni. Quando abbiamo deciso di fare uso dell’élite abbiamo pagato a caro prezzo il non averlo consultato.» disse Hirachi.

«Solo per curiosità, mi dite quale oracolo ha proferito a mio riguardo, giuro che non mi metterò a ridere.» chiese Ojisan.

Akire e Hirachi si guardarono tradendo imbarazzo, per la prima volta nessuna delle due osò rispondere.

«Forza, lo sapete che non dispongo più delle autorizzazioni per operare ai terminali. Muoio dalla voglia di sapere cosa ha detto quel vecchio idiota tricomputerizzato

Hirachi, timidamente, sussurrò le parole dell’unità tattica: 

«Sul nemico micidiale

Questo esercito non vale

Ma se il numero si abbassa

La Vittoria certo passa

Sarà il Gusto e non la guerra

A gettarlo nella terra

Non v’è che una soluzione

Una bella ordinazione!: «Un Porco Rosso e una Furaido Poteto! Grazie Ojisan

 «Ah ah ah!» Ojisan proruppe in una grossa risata, poi aggiunse «Tre potentissimi computer all’interno di un’unità tattica dal nome altisonante, programmata per contenere la conoscenza di tutte le battaglie della storia umana e animanghiana e non riesce ancora a dare un responso con un linguaggio comprensibile. Quando vi decidete a chiamare l’idraulico per farlo riparare?»

Akire e Hirachi trattennero una sottile risata, non era quello il momento giusto per ricordare i vecchi tempi assieme a Ojisan e al suo umorismo.

«Sentite, ho capito, la situazione è seria e, ok, vi aiuterò, ma ci sono delle condizioni senza le quali non se ne farà niente.» aggiunse Ojisan.

«Primo: mi metterete a disposizione la tecnologia di manipolazione temporale. Se devo andare in missione mi deve essere concesso di tornare un secondo dopo essere partito dal mondo reale. Ho un’impresa da portare avanti.

Secondo: mi concederete il permesso di portare indietro dai luoghi che visiterò tutte le materie prime che mi andrà di prendere, salvo gli alimenti in grado di alterare le capacità umane, tipo il frutto Gom Gom e simili.

Terzo: Hirachi deve darsi una regolata con i sensi di colpa, l’élite era formata da cloni di Soggetti, non erano nemmeno vere persone, su dai.

Se queste condizioni vi vanno bene, io ci sto.»

Akire e Hirachi si consultarono per qualche secondo, poi Hirachi rispose «Ok, vada per la manipolazione temporale e per le materie prime. In qualità di cariche più alte in grado in assenza del professore, abbiamo l’autorità per decidere. Ai miei sensi di colpa però, ci penso io.»

«Allora siamo d’accordo.» concluse Ojisan «E, solo per sapere, in quale mondo devo recarmi per primo?»

«Il tuo primo mondo è 99-MK-4.10.» rispose Hirachi.

«Ma dai! Iniziamo decisamente col botto. Ho fatto bene a portarmi il cucchiaio di legno. E, sinceramente, ho proprio voglia di fare un saluto a Teuchi di Konohagakure .»

 

 

Parte seconda – Konohagakure

TRAGHETTATORE – Ruolo e natura: il ruolo di queste entità è quello di creare passaggi interdimensionali per lo spostamento di persone e cose tra il mondo reale e l’Animanga. Solitamente restano in uno stato di immobilità e incoscienza nelle sembianze di un fantoccio, un bambolotto o, più recentemente, di una action figure. Il primo e più celebre di essi è Pakkun, creato dalla mente di Hiroshi Sasagawa. L’agenzia M.U.S.C.L.E. dispone di decine di unità e ne assegna una per ogni agente in missione. Il loro reale potere non è ancora noto, ma in seguito ad alcune misurazioni, spesso contrastanti, pare che in loro esista un potenziale di altissimo livello.

Informazioni Tecniche Aggiuntive: i traghettatori sono in grado di calcolare istantaneamente le coordinate presso le quali aprire un portale, che vengono espresse con il numero del manga e la vignetta precisa. Non dispongono di energia infinita. Dopo ogni salto necessitano di almeno quattro ore per “ricaricare” il loro potere. Un salto che non abbia rispettato i corretti tempi di ricarica non sarebbe controllabile, determinando un grave rischio per l’incolumità dell’agente. Il traghettatore, in quanto essenza eterea non rischia nulla, nemmeno in caso di salti affrettati.

Curiosità: il Pakkun traghettatore non va confuso con l’altro Pakkun, il kawaissimo carlino di proprietà di Sua Eccellenza il Sesto Hokage Hatake Kakashi.

I “SALTI”: i salti effettuati per recarsi nel mondo reale e quelli per raggiungere la base M.U.S.C.L.E. sono caratterizzati dal disagio dell’atterraggio, che è sempre brusco. Diversi sono invece i salti nell’Animanga, dove vigono leggi fisiche differenti, le quali valgono istantaneamente per qualsiasi visitatore esterno. Per la quasi totalità degli universi narrativi, atterraggi anche da grandi altezze non comportano pericoli e gli agenti possono sfruttare la prestanza fisica propria dello specifico mondo, configurata nei termini di un centesimo della forza del protagonista di quel mondo (la forza può essere aumentata fino a raggiungere il dieci per cento, grazie all’intervento congiunto di un traghettatore e di un TOTEM).

Ogni salto conduce ad un preciso episodio del manga di riferimento e le azioni compiute durante la missione devono essere il più discrete possibili. Salvo casi eccezionali le uniche interazioni dirette possono essere fatte con i “consapevoli”, ovvero quei personaggi che sanno di vivere in un mondo di fantasia, ognuno di essi è considerato come contatto dell’agente intermondo. Le interazioni con qualsiasi altro abitante dell’universo narrativo devono essere evitate in quanto si correrebbe il rischio di modificare la linea narrativa e di comparire all’interno della storia laddove non si dovrebbe.

Esistono tre tipi di salto, solo i primi due sono permessi:

 

  • Passato: un qualsiasi punto di un capitolo passato, purché le condizioni permettano di non essere visualizzato all’interno della storia.
  • Presente: se il manga è ancora in fase di pubblicazione, un qualsiasi punto attuale, purché le condizioni permettano di non essere visualizzato all’interno della storia.
  • Futuro: Vietato e punito con la morte del traghettatore e la prigione a vita per l’agente. Gli effetti di un salto nel futuro non scritto di una storia potrebbe avere effetti estremamente pericolosi per entrambe gli universi.

 

(Dal Manuale per Agenti Intermondo)

Ojisan era chiuso da ormai sei ore nella sala del consiglio. All’esterno, la paziente PìBì, traghettatore di livello uno, attendeva. Prima che la sua essenza venisse trasferita nel mondo reale aveva preso del tempo per stabilire in quale action figure stabilirsi e le era sembrato che quella raffigurante Chichi fosse molto adatta. Intendiamoci, l’indole di PìBì e quella di Chichi si possono descrivere come diametralmente opposte e, forse, proprio per questo, le era parsa una buona idea stabilirsi proprio in quella immagine così carica di decisione. Sapeva benissimo che avrebbe dovuto dare tutta sé stessa per affiancare Ojisan in una missione che si preannunciava estremamente difficile.

La doppia porta a scorrimento si aprì di colpo, Ojisan aveva finalmente terminato di ricevere aggiornamenti e istruzioni per la missione, sullo sfondo una preoccupata Hirachi e la dottoressa Akire diedero un ultimo sguardo prima di voltarsi e riprendere ad osservare i dati sui monitor.

«PìBì preparati, si parte tra due ore, destinazione Konohagakure, tempo presente.»

PìBì sussultò e a fatica trattenne un’esclamazione di esultanza. Era la sua prima vera missione operativa e già le sarebbe toccata una destinazione tanto prestigiosa.

«Sono prontissima capo! Posso chiamarla capo, vero?»

Ojisan la guardò sorridente e rispose: «”Capo” è abbastanza breve da permetterti di mettermi in guardia molto rapidamente, quindi ok!»

«Va bene capo! Ho terminato la ricarica e sono prontissima a partire! Sono contentissima di iniziare proprio dalla patria del portatore dello Spirito della Volpe a Nove Code! Pronta a ricevere le istruzioni!»

«Le rilevazioni mostrano fluttuazioni anomale nella finestra temporale relativa all’ultimo capitolo di Naruto, trova un luogo sicuro.»

«Luogo sicuro localizzato: volume 63, capitolo 700, titolo Uzumaki Naruto!! tavola 22, seconda vignetta. C’è un’inquadratura a campo larghissimo, inoltre, molti ninja sono impegnati nel sistema di sicurezza in vista del summit degli hokage e il resto del villaggio è impegnato in egual misura. Non noteranno nulla.»

«Bene, procedi.»

La piccola manina di PìBì batté sul pavimento e i due vi saltarono dentro. Pochi istanti dopo un portale si aprì a circa dieci metri di altezza, nei pressi del Monte degli Hokage. Ojisan vi sbucò fuori atterrando sulla testa del terzo Hokage. Le facce erano imbrattate con della vernice rossa, una scena arcinota. Ojisan notando quei segni esclamò: «PìBì, ci hai portati al primo episodio!»

PìBì, senza scomporsi rispose: «Tranquillo capo, non ci sono errori. Si tratta solo di corsi e ricorsi generazionali. L’autore di questo pasticcio non è Naruto, ma suo figlio, ed è stato beccato e punito poche vignette fa.»

«Ok, mi scuso.» rispose Ojisan «Sono ancora fuori allenamento e non ricordavo la vostra totale incapacità all’errore. Procediamo.»

Così detto, con pochi balzi Ojisan toccò il suolo di Konoha, sapendo esattamente dove dirigersi: al nuovo locale di Teuchi, ormai famoso a livello mondiale per il suo ramen, suo vecchio amico, nonché appartenente ai “consapevoli”.

«PìBì, le tue sembianze qui sembrerebbero fuori luogo, altro manga, altro anime. Ti prego di assumere le tua forma eterea e di seguirmi in modalità invisibile.»

Pìbì eseguì immediatamente l’ordine e lasciò la sua forma di Action Figure, smaterializzandosi e scomparendo alla vista.

Teuchi

La nuova sede di Ramen Ichiraku, ricostruita dopo i fatti di Pain, indicava che la fama del ramen di Teuchi era ormai internazionale, visitatori da tutto il mondo giungevano per assaggiare il “ramen del settimo Hokage”, come recitavano alcuni cartelli affissi alle pareti del locale. Quando Ayame, la figlia di Teuchi, nonché nuova titolare del locale vide Ojisan gli corse incontro e lo salutò con entusiasmo: «Ojisan, zietto, sei davvero tu?»

«Certo! Sono qui a Konoha per lavoro e non potevo certo evitare di fare un saluto a te e a tuo padre. Come state?»

«Tutto bene Ojisan, come vedi il locale non è più tanto piccolo come un tempo, ci siamo ingranditi!»

«Vedo, vedo. Mi fa molto piacere. Ma non vedo tuo padre al banco, questo è davvero strano.»

Ayame sorrise, come per rassicurare Ojisan e disse: «Ormai qui il capo sono io! Papà è in pensione, ma sta benissimo e ogni tanto ci dà una mano. Ora è al piano di sopra, ma te lo chiamo subito.»

«Grazie Ayame, ma» l’espressione di Ojisan si fece più seria «si tratta di lavoro, vorrei parlargli in privato.»

Ayame capì, anche se non aveva mai saputo di cosa parlassero realmente suo padre e Ojisan e rispose: «Sali quelle scale e bussa all’ultima porta, in fondo al corridoio, è lì e, conoscendolo, probabilmente ti sta attendendo.»

«Grazie tesoro, a più tardi.» così dicendo Ojisan salì le scale, in direzione del suo vecchio amico, accompagnato dal profumo del “ramen più buono del mondo”.

 

Consigli Gastronomici – Ramen Ichiraku ★★★★★: gli agenti che dovessero trovarsi a passare dalle parti di Konohagakure, non manchino di visitare Ramen Ichiraku, sia esso la prima versione, con soli cinque posti a sedere, o la nuova versione più ampia e trasformata in un vero e proprio ristorante.

(Dal Manuale per gli Agenti Intermondo, sezione: Guida Locale)

Teuchi, ormai sessantacinquenne, in questa linea temporale, era intento a leggere un libro quando, senza nemmeno attendere che bussassero alla porta esclamò: «Prego vecchio amico, entra, ti aspettavo.»

Ojisan entrò e rispose all’invito con un «Ciao Teuchi, speravo mi servissi il tuo ottimo ramen anche oggi.»

«Ciao Ojisan, ormai del servizio se ne occupa mia figlia, bisogna sapersi ritirare quando è il momento e Ayame ha imparato tutto alla perfezione. Ci ho messo anni a trasmetterle il vero segreto del ramen. Ricordi?» Chiese Teuchi.

Certamente» rispose Ojisan: «il ramen è come un universo racchiuso dentro una ciotola e noi siamo gli umili dèi che lo plasmano.»

Teuchi annuì e chiese ancora: «come vanno le cose nel tuo strano mondo?»

«Come al solito, la realtà è noiosa, drammatica e a volte sorprendente. Non pensavo che avrei potuto nuovamente “evadere” e tornare qui, ma ci sono dei fatti di cui devo discutere con te.»

«Ho saputo che Hitto è stato rapito, non so molto altro, ma mi basta questo per comprendere la gravità dei fatti e per aspettarmi una tua visita. Non avrei gradito altri che te.» rispose Teuchi.

«Grazie amico mio. Ho bisogno di sapere se la “rete” sa qualcosa. Hai sentito gli altri cuochi degli altri mondi?» chiese Ojisan.

«Mi sono giunti dei messaggi da qualcuno, ma nessuno di noi sa più di quanto già non si sappia alla M.U.S.C.L.E. Però, giusto ieri, sono passati dal locale due individui piuttosto singolari che non potevano sfuggire ad un occhio consapevole. Per puro caso ero in sala in quel momento e li ho osservati senza farmi notare troppo. Non appartenevano a questo mondo, il loro tratto era molto differente e, anche se tentavano di nasconderlo, io l’ho notato.»

«Descrivimeli.» chiese nuovamente Ojisan.

«Erano una coppia, una donna, chiaramente la figura dominante, portava un mantello ma si intravedevano abiti molto succinti, naso piuttosto a punta, labbra carnose, magra ma formosa e i capelli di colore blu e un uomo molto basso, paonazzo, con lunghi e sottili baffetti a zigzag. Lui si rivolgeva a lei come “Undicesima” ed è stato rimproverato a bassa voce, credo proprio per questo. Era evidente che tentavano molto maldestramente di passare inosservati, senza per altro riuscirci. Mentre lei ha mangiato normalmente, lui non ha fatto altro che bere sakè, fino ad iniziare a diventare molesto. Se non fosse che la donna, visibilmente spazientita, si è alzata trascinandolo via con sé, dopo aver lasciato i soldi sul tavolo, quel tizio avrebbe rischiato di essere lanciato fuori dal locale.»

«La descrizione mi suggerisce qualcosa, ma ci sono degli elementi che non tornano.» disse Ojisan pensieroso.

«Sapendo che saresti venuto ho fatto in modo di tenerli d’occhio. Hanno lasciato il villaggio non più di un’ora fa in direzione sud. Se ti affretti li troverai ancora nei boschi. Lui era ancora ubriaco e barcollava. Non credo stiano muovendosi troppo in fretta.»

«Teuchi, non hai perso minimamente le tue capacità spionistiche. Se è così devo proprio andare, ma farò di tutto per tornare a salutarti prima di fare rientro. Anche perché mi hanno dato il permesso di portare via qualcosa e lo sai che cosa desidero.»

«Tranquillo, per te ce n’è sempre in abbondanza. Fai attenzione e torna presto.»

Detto questo Ojisan uscì velocemente dal locale, salutando con un cenno Ayame, la quale aveva già assistito a questa scena in passato. Direzione, i boschi a sud di Konoha.

Una coppia scartata

«PìBì, di quanto Chakra disponiamo? Ho bisogno di correre molto velocemente e intendo davvero molto.» chiese Ojisan, ben consapevole che la presenza eterea di PìBì fosse accanto a lui. Aveva atteso di essere fuori dalle porte di Konoha per attivare il supporto necessario.

«Secondo i miei calcoli, non puoi usarne più del quindici percento, il resto potrebbe servire per stabilire una difesa.»

«Dammene il venticinque percento.» ordinò Ojisan.

«Ma capo…» tentò di controbattere PìBì.

«Esegui, se dovesse servire userò il Totem.»

«Venticinque percento di Chakra disponibile da: ORA!»

Ojisan sentì il flusso di Chakra pervaderlo e impresse una spinta sulle gambe tale da fargli raggiungere in un istante un’altissima velocità di corsa. Gli alberi e il sentiero scorrevano come in un filmato accelerato, le braccia protese all’indietro formavamo la postura decisa per quel mondo. Ad un certo punto i due percepirono qualcosa di insolito e la corsa si interruppe.

«Hai sentito anche tu capo?»

«Sì, devono essere loro.» Ojisan compì un balzo per raggiungere un ramo molto in alto. La scena che vide lo colpì: una specie di macchinario dalla forma quasi cubica, con gambe e braccia, alto circa sei metri, “camminava” goffamente per il sentiero all’interno del bosco. Da una ciminiera posta in cima al trabiccolo fuoriusciva un fumo nero e un rumore di ferraglia si diffondeva, smorzato dalla presenza degli alberi. Il simbolo di un serpente svettava sulla sua sommità, a mo’ di banderuola per il vento.

«Cosa facciamo capo?» chiese PìBì.

«Li seguiamo e vediamo dove vanno. Abbiamo Chakra residuo dal quel venticinque percento?»

«Sì capo, ancora il sette percento.»

«Ok, usalo per fornirmi la modalità silenziosa.»

«Uso del Chakra modificato, le ho inviato la sequenza Mudra, capo.»

Ojisan eseguì il Mudra, il caratteristico movimento delle mani che attiva i Chakra e i suoi movimenti si fecero improvvisamente privi di qualsiasi suono.

Il macchinario continuava con il suo goffo avanzare e, atterrando sullo stesso, Ojisan potè sentire provenire dall’interno la voce di un uomo che cantava e quella di una donna che gli urlava di fare silenzio.

«♪ Ci avete scartato, ma non cancellato. Il nostro destino è ora appannato. La gloria e la fama ci avete levato, il budget crudele così ha decretatoooouuuu! ♪» cantava lui.

«La vuoi finire con questa lagna orribile? Mi ricorda di continuo il nostro destino, basta, basta basta!» urlava lei.

Improvvisamente il cigolante golem si fermò, portandosi una “mano” alla testa che non esisteva, in un gesto che pareva chiaramente di perplessità.

Dall’interno l’uomo, quasi biascicando, disse: «Non ricordo da che parte ci hanno detto di andare. Mi è venuto improvvisamente il dubbio che non fosse sud, ma nord.»

«Sei il solito imbecille! Ma perché sono legata a te? Perché non a un principe alto, biondo e ricco!»

«Con un po’ di fantasia io posso essere alto e biondo, ma mai ricco.» rispose l’uomo.

«Io ti ammazzo, giuro che ti ammazzo!»

Dall’interno della cabina di pilotaggio provenivano rumori secchi, come di oggetti duri che colpivano parti molli.

«La prego la smetta di picchiarmi, controllo subito gli strumenti! La prego!» implorava l’uomo.

Improvvisamente a pochi centimetri da Ojisan, sulla sommità del macchinario, spuntò una piccola antenna parabolica che prese a girare su se stessa. Il tempo di un solo giro e partì un fortissimo allarme, come di una sirena. Dall’interno la voce dell’uomo gridò: «Abbiamo un intruso proprio sopra di noi!»

Ojisan capì di essere stato scoperto e balzò sul terreno in attesa di capire se avrebbe dovuto contrattaccare. La cosa più importante in quel momento era capire chi fossero i due e se fossero coinvolti con il rapimento del professor Hitto.

«Settantacinque percento di Chakra in modalità scudo.» ordino Ojisan. PìBì eseguì immediatamente.

Il “volto” del macchinario era ancora più bizzarro della sua forma posteriore e raffigurava quello che poteva sembrare il volto di un panda, ma mal disegnato e asimmetrico, con gli occhi disallineati e la bocca storta. Improvvisamente dagli occhi si formarono due aperture a saracinesca e all’interno di ognuna di esse si fecero chiare le sagome dell’uomo e della donna, esattamente come Teuchi le aveva descritte.

«Ehi tu, non mi piace che scrocchi passaggi in questo modo.» disse il piccolo uomo paonazzo. «Ora ci devi pagare per il passaggio.»

Ojisan rispose: «Scusate signori, avevo un po’ di fretta e ho pensato che poteste darmi un passaggio sul vostro magnifico veicolo.»

«Magnifico?» esclamò la donna. «Ma se è uno schifoso e traballante accrocchio. Ho dovuto rimettere dentro i seni almeno dieci volte da quando ci siamo messi in viaggio.»

Questo commento lascio di stucco Ojisan, mentre il piccolo uomo si girò verso la donna, con un filino di bava alla bocca e uno sguardo che pareva tradire la volontà che ciò accadesse.

«Ehm, ok.» aggiunse Ojisan che, a quella affermazione, non avrebbe saputo come rispondere.

«Quanto afferma la mia stupenda collega non è del tutto esatto. Il mio PandaMongus è un concentrato di tecnologia, una macchina letale perfetta, esteticamente discutibile, ma potentissima e ora te lo dimostrerò, a meno che non ci paghi quanto ci spetta: mille monete di super oro.» aggiunse il piccolo uomo.

«Signori, io non ho una cifra del genere con me e non mi pare sia comunque giustificata.» rispose Ojisan.

«Allora se è così non ci resta che combattere!» aggiunse la donna.

«Ma signori, io non ho intenzione di combattere.» rispose Ojisan, che sussurrò poi a PìBì: «Tieniti pronta, questi idioti fanno sul serio e credo di aver capito chi sono.»

La donna, visibilmente inviperita, esclamò: «Va bene scroccone, lo hai voluto tu, hai incontrato i tipi sbagliati e ti faremo tremare. Io sono Lovely e lui è Botticelli, siamo la coppia scartata dalla Tatsunoko, il successo mai nato per problemi di budget, siamo il Duo Serpe e tu sei morto!»

Detto questo le saracinesche all’interno degli occhi del panda deforme si richiusero e dal trabiccolo fuoriuscirono lame di ogni genere pronte a colpire.

I fendenti si susseguivano uno dietro l’altro e Ojisan, dando fondo al Chakra disponibile ad ogni schivata, iniziava ad essere in difficoltà. Improvvisamente una palla chiodata lo centrò in pieno, scagliandolo contro il tronco di un albero.

«Ahahah, stupido scroccone, sei finito. Il Duo Serpe vince sempre, anche se questa è la nostra prima vera battaglia!» esclamarono i due all’unisono.

Così dicendo, si avvicinarono minacciosamente ad Ojisan, decisi a scagliare il colpo finale con l’intento di uccidere.

«Capo, capo, si riprenda. Capo!» urlò PìBì, ma Ojisan non si riprendeva.

«Botticelli, finiscilo e fa in modo che ci sia tantissimo sangue!» ordinò Lovely.

«Certamente mia adorata, mi basta premere questo grosso pulsante rosso posto al centro di un pannello sul quale non vi è nessun’altro pulsante, il che indica chiaramente che non dovrei farlo senza prima sapere perché l’ho messo proprio lì corredato dalla scritta “non premere assolutamente”, click.»

Il macchinario/panda inizio a prendere se stesso a martellate in testa, deformandosi ad ogni colpo. Dall’interno della cabina le grida isteriche di Lovely all’indirizzo di Botticelli aggiungevano ancora di più un tono surreale al tutto.

«Cretino *sbonk*! Sei un cretino *sbonk*! Hai premuto l’autodistruzione lunga *sbonk*. Ora andremo avanti ore *sbonk* a prenderci a martellate *sbonk*! Fai qualcosa, dannato ubriacone *sbonk, sbonk, sbonk*

«Aspetti mia dea, ho l’autodistruzione dell’autodistruzione.» Botticelli premette un altro tasto e il macchinario smise improvvisamente di prendersi a martellate.

«VOGLIO UN PRINCIPE ALTO, BIONDO E RICCOOOO!» gridò Lovely.

«Io invece voglio finire questo scroccone.» disse Botticelli e, così dicendo, premette il pulsante corretto, facendo fuoriuscire una lunga canna di arma da fuoco da un punto del macchinario/panda che preferiremmo non descrivere.

Proprio in quel momento Ojisan riuscì a riprendere conoscenza in tempo per sussurrare: «Totem al cento per cento, ora» ed estrasse da una tasca interna della giacca militare il suo cucchiaio di legno.

TOTEM: Oggetto del mondo reale che possiede un fortissimo legame con il suo possessore. Il Totem è in grado di incanalare grandi quantità dell’energia in uso nell’universo narrativo in cui ci si trova e di trasformarsi in un’arma devastante. Ha altresì proprietà terapeutiche, garantendo la totale guarigione del suo proprietario con la semplice attivazione. In aggiunta, vi sono Totem in grado di prendere la forma di veicoli, armature e di altri oggetti o armamenti necessari allo svolgimento della missione. Dopo il loro utilizzo come arma finale, i Totem si autodistruggono o restano gravemente danneggiati e inservibili. Dato il loro altissimo valore affettivo, gli agenti sono restii ad usarli, ma sono obbligati a portarne sempre uno con loro.

(Dal Manuale per gli Agenti Intermondo)

Un raggio di energia abbagliante e dal calore intenso investì il macchinario/panda e i due villain, incenerendo il primo e lasciando in mutande gli altri, con Botticelli, svenuto a cavalcioni sul ramo di un albero e Lovely nel tentativo di coprirsi.

Ojisan, completamente ristabilitosi, stringeva in mano il suo Totem e, minaccioso, si rivolse a Lovely: «Questo cucchiaio di legno è stato il dono che il mio maestro, Takeshi, mi ha fatto prima di partire per sempre per un lungo viaggio. Era un oggetto molto prezioso e, ora, sarà meglio che tu mi dica tutto quello che sai o non mi limiterò a lasciarvi in mutande.»

Lovely, in lacrime esclamò: «Voglio un principe…»

«Sì, sì, alto, biondo e ricco. Lo abbiamo capito, ma ora ti conviene rispondere. Avete a che fare con la sparizione del professor Hitto?»

Lovely, impaurita da questa domanda rispose: «Non posso dirti nulla o Lui ci farà fare una fine ancora peggiore.»

«Lui, chi?» chiese Ojisan.

«Non sappiamo chi sia. Si fa chiamare Adam e ci ha offerto il successo che ci è stato negato con l’undicesimo capitolo di Time Bokan, mai sviluppato per problemi di budget e di ricerca di mercato sfavorevole. Dovevamo incontrare una spia a sud, o a nord, di Konoha, ma ormai la copertura è saltata e la missione deve essere interrotta.»

«Dov’è il professore?» chiese Ojisan.

«Beh, il professore è… in un luogo dove non potrete mai trovarlo!» così dicendo Lovely premette un pulsante preso da chissà dove, visto il suo attuale stato e in un lampo luminoso scomparve. Idem fece qualche istante dopo Botticelli, lasciando sul campo i rottami del loro macchinario.

«Capo, cosa facciamo?» chiese PìBì, ancora nella sua forma eterea.

«Non lo so. La situazione è più seria del previsto. Questi due sono quanto di peggio potesse capitarci. Avere a che fare con le creazioni Tatsunoko significa finire in un vortice di delirio e di imprevedibilità. Dobbiamo tornare alla base a riferire. Ma prima dobbiamo tornare al villaggio. Devo fare ancora una cosa.»

Ritorno a casa

Hakire sorseggiava il suo caffè, mentre Ojisan snocciolava il suo rapporto e Hirachi prendeva appunti. Le nuove informazioni, anche se non portavano a nulla, permettevano di identificare un nemico preciso. Ora sarebbe stato compito di M.O.T.O.R. A.R.M. mettere a punto una strategia d’azione e non restava che monitorare gli universi per scoprire in quale mondo avrebbero fatto la loro comparsa il Duo Serpe.

«Signore, dovete scusarmi, ma io devo tornare al mio locale.» avvertì Ojisan.

«Sì, ma resta in attesa di nuovi ordini.» disse Hirachi.

«Oh sì tranquille, se l’accordo resta valido, per quanto mi riguarda io ci sono.» rispose Ojisan.

Akire sorrise e disse: «Ojisan, l’accordo resterà valido e se non fosse per questa situazione d’emergenza, verrei volentieri a “prenderne parte”. A presto.»

«A presto.» ribatté Ojisan che poi, rivolgendosi a PìBì disse: «Pronto per il salto, quello fastidioso.»

PìBì aprì il portale e, con un atterraggio molto diverso da quello di Konoha, Ojisan tornò nel mondo reale e PìBì riprese le sembianze statiche dell’action figure.

Poche ore dopo Cibichibi accoglieva i primi clienti. Uno di loro, Leo, gustandosi il Naruto Ramen esclamò: «Carne deliziosa Ojisan. Ma come la fai?»

Ojisan, uscendo dalla cucina rispose: «E’ una carne speciale, presa direttamente a Konoha, dalle mani di Teuchi. E’ così buona perché proviene da una selezione originata da un sacro Cercotero, carne sacra, di un altro mondo.»

Leo, prima di riprendere a gustarsi il suo ramen rispose: «Certo, certo.»

 

FINE DEL PRIMO CAPITOLO

Il capitolo due sarà disponibile da martedì 15 ottobre sulla nostra newsletter e da venerdì 15 novembre qui sul sito. Per iscriverti alla newsletter di CibiChibi va qui.

Al prossimo capitolo de Il Fantastico Mondo di Ojisan!

In questa pagina potrai leggere i capitoli de Il Fantastico Mondo di Ojisan pubblicati mensilmente sulla newsletter di Cibichibi. Quelli che trovi qui sono i racconti pubblicati un mese dopo la loro prima uscita.

Se vuoi leggerli in anteprima puoi iscriverti alla newsletter di CibiChibi, attraverso la quale potrai rimanere informato sulle novità, le offerte e gli eventi a tema organizzati da Ojisan.

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Capitolo 1 – L’inizio

Parte prima – Prologo

Il suono assordante dell’allarme, che emetteva i suoi 70 decibel da ormai più di un’ora, non contribuiva affatto a mantenere la mente lucida. Gli operatori snocciolavano dati senza sosta, alla ricerca della falla che aveva permesso al piccolo commando di penetrare fin nel cuore del quartier generale della M.U.S.C.L.E.

La dottoressa Akire sembrava essere l’unica a non essere in preda alla confusione. Restava immobile ad osservare il mega schermo sul quale lampeggiava la scritta “ALARM”. Si concedeva solamente un lento movimento per portarsi il caffè alla bocca. Nero, nerissimo e amaro.

Allenare la propria mente alla calma interiore era sempre stato un suo vanto. Quando tutto intorno il caos prendeva il sopravvento lei si rifugiava nel suo mondo mentale, e lì, separata da tutto, elaborava ogni singola informazione, calcolava, scartava e avvallava ipotesi.

«Ingressi dall’uno al 26 inviolati!» esclamò un operatore.

«Impossibile! Da qualche parte devono pur essere passati!» gridò di rimando il diretto superiore che, in preda al panico, non contribuiva certo ad una analisi calcolata.

«Ma come fai a stare lì come se fossi fatta di pietra!» esclamò Hirachi «Non so se mi fa uscire più di testa questa situazione, oppure tu che te ne resti immobile a bere il caffè!»

La generalissima Hirachi, a dispetto della sua bassa statura e della corporatura esile, era la massima autorità militare in carica della M.U.S.C.L.E. Si era guadagnata tutte le promozioni sul campo, azione dopo azione, manifestando capacità tattiche non comuni grazie alle quali aveva più volte determinato la vittoria contro i più svariati nemici dell’organizzazione di monitoraggio inter-mondo.

«Dovresti berne una tazza con me. Come facevamo prima degli esami, ai tempi dell’università.» rispose Akire senza scomporsi, poi continuò «Stiamo cercando nel posto sbagliato. Il commando che ha rapito il professor Hitto non ha agito autonomamente, c’è stato un aiuto dall’interno.»

«Una talpa qui alla M.U.S.C.L.E.?» trasalì Hirachi.

«Sì. Dobbiamo controllare gli accessi ai sistemi di controllo delle barriere mistiche.» ordinò Akire.

«Lo abbiamo già fatto e risulta tutto in ordine. Nessuna anomalia registrata. Nessuna disattivazione delle barriere mistiche, né di quelle fisiche. Niente di niente.» ribatté Hirachi.

«Questo perché nessuna barriera è stata abbassata. Semplicemente è stata ignorata.» Per la prima volta da quando il misterioso commando aveva fatto irruzione nell’ufficio del professor Hitto, capo supremo della M.U.S.C.L.E., rapendolo, la dottoressa Akire ebbe un sussulto.

Posando con violenza la tazza sulla sua scrivania esclamò «Il problema è più grande di quel che sembra. Per eseguire un’azione del genere c’è bisogno di capacità non comuni. Siamo di fronte ad un’alleanza tra Soggetti!» esclamò sgranando gli occhi «E qualcuno spenga quel maledetto allarme!»

L’ordine venne immediatamente eseguito, facendo calare un silenzio surreale nel centro di comando. Hirachi comprendeva bene la portata dell’intuizione di Akire. L’ultima volta che si era formata un’alleanza tra Soggetti si era rischiata la distruzione dei due mondi e la guerra si era protratta per anni.

Hirachi prese il controllo della situazione e diede l’ordine «Preparare il corpo di élite. Calcolare il segnale residuo del teletrasporto e localizzare il commando. Andiamo a riprenderci il professore.»

 

Un cucchiaio di legno

«Pancetta, ok. Noodles, ok. Narutomaki, ok. Cipollotti e bambù marinato, ok. Brodo, ok. C’è tutto.»

Come ogni giorno, Ojisan stava passando in rassegna gli elementi per comporre il Naruto Ramen che avrebbe servito quella sera stessa. Intanto un brodo profumatissimo e ribollente stava terminando la cottura nella grossa pentola, sul fuoco.

Nonostante il caldo all’interno della cucina, che faceva sembrare le temperature estive una fresca brezza, il suo volto era rilassato. I suoi gesti precisi sembravano seguire il ritmo delle sigle che si diffondevano dagli altoparlanti.

«♪ Io credo in me, nel cuore mio, Naruto, Naruto… ♪»

Maneggiando con abilità un affilatissimo coltello, prese a tagliare a fette la pancetta, che adagiò in un contenitore, pronte per essere sistemate, al momento opportuno, nella ciotola di ramen. Quella sera erano attesi diversi clienti e Ojisan voleva che tutto fosse perfetto per un’esperienza totale nel Manga Food.

Da quando aveva terminato con la sua vecchia attività, avviare un progetto di ristorazione ispirato ai piatti dei manga e degli anime gli era sembrato il modo migliore per celebrare i vecchi tempi.

Mancava ormai pochissimo al suono del timer che avrebbe indicato con precisione quando spegnere la fiamma e terminare così la cottura del brodo.

5…

4…

3…

2…

1…

Un suono molto acuto si diffuse per il locale, ancora chiuso al pubblico.

Ojisan trasalì, sapeva che il brodo andava tolto, che tutti gli altri ingredienti erano pronti, ma sapeva anche che quello che udiva non era il cicalino del timer di cottura. Una smorfia di incredulità si manifestò sul suo volto, il coltello gli cadde dalle mani, finendo sul pavimento con un suono secco.

«Agente Ojisan a rapporto, emergenza di livello 1 in corso. Agente Ojisan a rapporto, emergenza di livello 1 in corso.»

Dall’altoparlante dove poco prima risuonava la raccolta di sigle degli anime degli ultimi quarant’anni, ora usciva la voce di Hirachi, che Ojisan conosceva bene, in qualità di ex agente al soldo della M.U.S.C.L.E. Una carriera, quella, che aveva deciso di abbandonare qualche anno prima, quando aveva scelto una vita più tranquilla, dedicandosi a tempo pieno alla sua più grande passione, la cucina.

«Hirachi, ma sei impazzita? Io ho rassegnato le dimissioni. Te ne sei dimenticata?»

«Oji, i convenevoli li rimandiamo a dopo. Ho detto che si tratta di un’emergenza di livello 1. Secondo gli accordi inter-mondo questo è sufficiente per richiamare in servizio anche gli ex agenti come te.»

Ojisan sapeva bene quale grave livello di pericolo indicavano le parole di Hirachi, le minacce di livello 1 si attivavano quando la stessa esistenza dei due mondi era a rischio.

«Lo so benissimo, ma in ogni caso non  posso fare nulla per voi, questa sera ho clienti.»

«Questa sera i clienti potrebbero non esistere più se non vieni immediatamente al centro operativo.»

«Ma stai scherzando. Cosa dovrei fare? Annullare la serata e chiudere il locale?»

«Non è un problema che mi riguardi e non hai scelta.» Nelle parole di Hirachi si percepiva tutta la gravità della situazione.

«Già non ho scelta. Sareste capaci di mandarmi a prelevare con un commando attirando le attenzioni di tutta la via.» rispose Ojisan «Comunque non sono in grado di raggiungervi, non ho più il dispositivo di accesso, vi tocca darmi un passaggio.»

«Vorrei proprio sapere dove hai messo il dispositivo, ma ne riparleremo più avanti.» lo rimproverò Hirachi «Ti abbiamo già assegnato un traghettatore, prelevalo dal ripiano delle action figure e attivalo.»

Ojisan prese una scaletta e, sbuffando, afferrò una delle action figure che erano riposte sulla mensola. Sembrava sapere esattamente cosa fare. La pose per terra e attese.

Dopo qualche secondo un lampo accecante inondò il locale e da quella luce intensa emerse la action figure, la quale aveva preso vita. 

«Salve, sono PìBì e sono il tuo traghett…»

«Sì sì lo so e io sono Ojisan, ex agente di livello 3, puoi evitare tutto lo spiegone. Attiva il portale e andiamo, che ho poco tempo, poi devo assolutamente tornare per aprire il locale.»

«Certo Signore.» PìBì batté con la mano sulla parete al di sotto di uno dei banconi laterali facendo così comparire un portale appena sufficiente perché ci passasse Ojisan.

«Prego agente, dopo di lei.» disse PìBì.

«Ah, quasi dimenticavo la cosa più importante!» così dicendo Ojisan corse in cucina e tornò con un cucchiaio di legno in mano.

«In effetti ero un po’ perplessa per tale dimenticanza.» rispose PìBì.

«Comunque, sempre comodi questi passaggi, eh!» esclamò infastidito Ojisan mentre si infilava nello stretto portale.

Durante un viaggio inter-mondo i corpi si allungano, si dilatano, si distorcono e poi vengono sputati fuori dal portale che sta all’altra estremità. Questa era sempre stata la parte più odiata da Ojisan, il quale ebbe appena il tempo di rialzarsi prima di udire un messaggio che conosceva molto bene.

«Benvenuti al Centro Strategico Operativo della M.U.S.C.L.E., vi preghiamo di seguire con attenzione le indicazioni che vi verranno mostrate durante il percorso. Ogni deviazione non autorizzata sarà punita con la morte. Ci auguriamo che la vostra visita risulti piacevole.»

La voce artificiale di A.I.C.O. diede il benvenuto a Ojisan, incurante del fatto che egli conoscesse alla perfezione la base della M.U.S.C.L.E. La “zona di atterraggio” era una grande stanza imbottita appositamente per evitare danni ai viaggiatori in arrivo, sulle pareti metalliche campeggiava il logo dell’organizzazione, un possente braccio umano nell’atto di contrarre il bicipite, stretta nel pugno una spada, tatuato sul deltoide un pennino da mangaka. Più sotto la scritta “Manga Under Surveillance, Control, Laws, Equilibrium”.

Ojisan sapeva che da lì a poco sarebbe dovuto sottostare all’ennesima spiegazione di cui già sapeva tutto. La forte impronta burocratica della M.U.S.C.L.E. era stata uno dei motivi per cui aveva deciso di abbandonare quella vita. Ojisan odiava la burocrazia.

«Di qua c’è la sala di formazione, prego.» indicò PìBì con voce sottile.

«Ma è proprio necessario?» chiese, conoscendo già la risposta, Ojisan.

«Temo di sì Signore. Lei manca da qualche anno e la procedura è chiara: gli agenti che tornano in servizio dopo una lunga assenza devono sottoporsi ad una sessione lampo di formazione e informazione. Sono le regole.» rispose PìBì.

«Per fortuna è la versione lampo!» Ojisan si diresse verso la sala di formazione.

«Bentornato agente 677092. Sono A.I.C.O., Artificial Intelligence Co-Ordinator. Mettiti comodo, la sessione durerà pochi minuti.» esordì il sistema automatizzato.

«La M.U.S.C.L.E. nasce sul finire degli anni ‘60 per volere dei principali governi mondiali. In seguito all’evento denominato “Primo Contatto”, alcuni individui venivano a conoscenza che il mondo degli anime e dei manga, da noi ribattezzato “Animanga” esisteva realmente, anche se su un piano diverso dal nostro. Non si trattava solamente di opere di fantasia, ma di un mondo che veniva e viene tutt’ora creato dalla fantasia dei suoi creatori combinata all’energia mentale e psichica di chi se ne appassiona.

Nel 1956, ad Osaka in Giappone, un bambino dall’aspetto “insolito”, si presentò nel cuore della notte presso un comando di polizia. Gli agenti in servizio, nel tentare di capire da dove arrivasse e chi fossero i suoi genitori, ricevevano una sola risposta: “Portatemi dal mio creatore”.

Gli agenti non riuscivano a fargli dire altro, finché un agente dai modi troppo bruschi non tentò di strattonarlo, forse per ottenere una reazione. La reazione ci fu, ma non quella che gli agenti si aspettavano. Il bambino infatti scoperchiò il tetto della centrale con un unico e potentissimo raggio laser fuoriuscito da un braccio.

Nel panico generale qualcuno esclamò “鉄腕アトムです!”, ovvero “È Astro Boy!”. Le successive ore passarono tra via vai di camionette dell’esercito, comunicazioni concitate e l’arrivo di Osamu Tezuka, il padre dei manga moderni, il quale venne rintracciato e condotto in loco. Tezuka, da uomo mite quale era, non si oppose alla strana richiesta del comandante della polizia, ma non poteva certo credere che una delle sue creature immaginarie potesse essere reale.

Dovette ricredersi quando vide la piccola figura immobile al centro di quella devastazione che fino a poche ore prima era la stazione di polizia. Quando il piccolo robot lo vide, si avvicinò a piccoli passi verso di lui e, una volta giuntogli di fronte, gli disse “Padre, rimandami a casa.”

Da indagini successive emerse che Astro Boy, involontariamente, era riuscito a passare da Animanga al mondo reale. Non fu in grado di spiegare come, in qualche modo era implicata la sua velocità supersonica. All’epoca ancora non si sapeva, ma le alte velocità possono, in certe condizioni, permettere ai Soggetti di accedere al mondo reale.

In seguito a questa scoperta il governo si attivò per trovare un modo di rimandare indietro il piccolo robot, il quale, anche se non volutamente, rappresentava una minaccia seria per la sicurezza della nazione e del mondo intero. D’altronde con un solo impulso dei suoi laser aveva scoperchiato un tetto, nessuno sapeva cosa avrebbe potuto fare al massimo del suo potenziale. L’unico metro di riferimento erano le storie che ne narravano le gesta.

La produzione manga e anime era ancora ai suoi albori, ma qualcuno si pose il problema di cosa sarebbe potuto accadere in futuro, con la nascita di personaggi sempre più potenti e veloci.

Sorse quindi la necessità di porre rimedio a questo potenziale pericolo. Le migliori menti mondiali, con il Giappone in testa, svilupparono tecnologie in grado di controllare gli accessi tra i due mondi. Vennero inviati esploratori, i quali presero contatto con gli universi, che via via diventavano sempre più numerosi. Vennero create serie apposite in cui esistevano tecnologie adatte allo scopo, le quali vennero poi trasferite nel mondo reale.

Tutti i mangaka, la cui fantasia non poteva certo essere imbrigliata, vennero monitorati in gran segreto. Ogni volta che nasceva un universo narrativo, un emissario si occupava di prendere contatti con i nuovi Soggetti, spiegando loro che la stessa esistenza del loro mondo dipendeva dal rispetto delle regole appositamente create per la sicurezza di tutti.

Nacque così la M.U.S.C.L.E., Manga Under Surveillance, Control, Laws, Equilibrium, un’organizzazione super governativa la cui opera di sorveglianza è garanzia di una pacifica convivenza tra Animanga e mondo reale.

I personaggi che vivono dentro Animanga sono identificati come Soggetti, i loro mondi sono identificati da codici univoci, la cui lista completa è nel kit che puoi trovare a fianco a te.

La M.U.S.C.L.E. è dotata di barriere potentissime, sia mistiche, sia fisiche, di difesa e di offesa, la cui tecnologia è di origine Animanghiana, ed è inespugnabile, rappresentando il posto più sicuro dell’intero universo.

In seguito al Primo Contatto, sono state create tecnologie in grado di impedire agli abitanti dei rispettivi mondi di sconfinare, anche solo accidentalmente. Senza il consenso e la tecnologia della M.U.S.C.L.E. nulla può passare da un mondo all’altro, poiché verrebbe incenerito all’istante, non importa quanto potente sia chi provi a farlo.

Se vuoi avviare il programma di primo addestramento pronuncia “prosegui”, in caso contrario pronuncia “salta”.»

Ojisan che quasi si era addormentato nel sentire una storia che conosceva già a memoria, trasalì e si affrettò a pronunciare il comando «Salta!»

«Se vuoi ricevere informazioni logistiche sul centr…»

«Salta!»

«Se vuoi fornirci suggerimenti o …»

«Salta!»

«Bene 677092, puoi procedere con la tua visita.» concluse A.I.C.O.

«Era ora.» sospirò Ojisan.

Un nastro mobile che sembrava allungarsi all’infinito condusse Ojisan fino al cuore del centro operativo. Durante il tragitto, ritrovatosi nuovamente in quel luogo, egli ripensò alle vecchie battaglie a fianco di Hirachi, e alla supervisione precisa di Akire. Ripensò che quella vita non gli mancava affatto, se non per i vecchi amici degli universi narrativi che aveva dovuto salutare per sempre. Per sempre, fino a questo momento.

La doppia porta metallica, spessa 20 centimetri, si spalancò di colpo, richiamando Ojisan alla realtà. Dietro la porta Hirachi, con le braccia conserte e un’espressione minacciosa in volto, lo stava attendendo.

«Non dire nulla,» disse Hirachi «anche io avrei fatto volentieri a meno di te.»

La generalissima sembrava ancora piena di rancore per l’abbandono improvviso di Ojisan, il quale si limitò a rispondere «Ti ricordavo meno gentile.»

Meno altera si dimostrò la dottoressa Akire, che accolse Ojisan con un sorriso, aggiungendo «Ti va un caffè?»

Ojisan rifiutò garbatamente e rispose «Vorrei solamente capire cosa ci faccio qui e cosa possa fare una vecchia spia che la vostra potente intelligence non sia in grado di fare.»

Hirachi prese la parola, anticipando Akire «Sei mesi fa la M.U.S.C.L.E. ha subito un’azione lampo. Un commando è riuscito a oltrepassare le difese e a rapire Hitto.»

Ojisan trattenne lo stupore in favore di una battuta che aspettava di fare da anni «Qualcuno è riuscito a sradicare il vecchio dal suo ufficio? Allora la situazione è veramente grave.»

Akire, sapendo che Hirachi era ad un passo dall’esplodere, intervenne: «Sì e non basta. La nostra risposta non si è fatta attendere e abbiamo subito localizzato gli spostamenti del commando, inviando il corpo di élite per effettuare il recupero del professore. Il risultato è stato un massacro. La migliore squadra di assalto mai esistita è stata trucidata in meno di sette secondi da una forza sconosciuta, o meglio, da una forza familiare, anche se non identificata.»

«Per familiare intendete Freezer, Boros e simili?» chiese Ojisan.

«Per quanto ne sappiamo potrebbe essere stato Light Yagami, Freezer, All for One, non lo sappiamo. Abbiamo subito fortissime interferenze e non abbiamo potuto identificare né la firma energetica dell’attaccante, né la modalità di attacco, né l’universo in cui ciò è accaduto.» rispose Akire.

Ojisan guardò Hirachi, ben conscio che il suo atteggiamento ostile nascondeva in realtà il suo senso di colpa per quanto successo. Era lei, in fondo, la responsabile tattica della M.U.S.C.L.E.

Hirachi allentò di un po’ l’espressione dura in volto e quasi sussurrò «Abbiamo fatto tutto quello che sapevamo fare meglio, ma il nemico non era solo.»

«Esatto,» aggiunse Akire «ho passato gli ultimi sei mesi a incrociare i pochi dati in nostro possesso ed è emerso un fatto ancora più inquietante.»

«Quale?» chiese Ojisan.

«Il nostro nemico è stato in grado di coalizzare i villain dei diversi universi narrativi.»

«Ma questo è assurdo, se non addirittura impossibile. L’ultima e unica volta in cui è successo tutti, villain compresi, hanno capito che è qualcosa che può annientare anche loro!» esclamò Ojisan.

«Lo pensavamo fino ad un attimo prima che i dati ci dessero torto.» Akire si fece scura in viso. «L’azione del commando all’interno del centro, il disturbo delle trasmissioni, l’azione chirurgica e spietata sull’élite. Tutti questi elementi sono il frutto di un’azione congiunta tra più poteri e abilità.»

«Inizio a capire perché mi abbiate convocato. Vi servono le mie capacità spionistiche.» concluse Ojisan.

«Esattamente.» disse Akire «Nessun’altro come te dispone di una rete di informatori così estesa per tutti gli universi.»

Hirachi riprese la parola «Le azioni dirette si sono dimostrare infruttuose. C’è bisogno di un lavoro di indagine capillare e il più discreto possibile.»

«Comprensibile.» Ojisan si fece riflessivo, poi alzò gli occhi e disse «Però c’è un problema. Io non posso più dedicarmi a questa attività. Sì, posso essere di supporto, aiutare un agente giovane e capace, ma non posso più farlo in prima persona. Ho un altro lavoro adesso e mi piace tantissimo. Mi dispiace.»

«Capisco e non possiamo certo obbligarti con la forza. Mi fa davvero piacere che tu stia bene.» Hirachi sembrava essersi ammorbidita «L’unico problema è che non abbiamo altri agenti alla tua altezza e i tuoi informatori, comunque, non si fiderebbero di altri. Il lavoro che hai fatto negli anni passati, la rete di informatori intessuta, è qualcosa che va oltre le forze che potremmo mettere in campo. Per molti anni non è stata necessaria, non avendo più dovuto affrontare minacce di grossa rilevanza, ma ora è diverso. Non puoi abbandonarci, non puoi abbandonare Hitto.»

«Ehi Hira, ci provi con l’adulazione? Lo sai che sono addestrato per resistere.» Ojisan tentò di allentare la tensione con una battuta.

«Ma lo capisci che se non intervieni non avremo altre risorse a disposizione? Le abbiamo pensate tutte, ma non c’è nessuna altra soluzione, il Motor Arm ha dato il suo responso. Tu sei il solo elemento in grado di fare la differenza. E, credimi, sto ingoiando tutto il mio orgoglio per dirti queste cose!» Hirachi sembrava essere sull’orlo di una crisi di pianto.

«M.O.T.O.R. A.R.M., MOst Tactical ORacle in A Robotic Mind, mi ero quasi dimenticato di quel ferro vecchio che parla in rima come un profeta da baraccone. Pendete ancora dalle sue labbra robotiche?» Ojisan sorrise incredulo.

«L’unità tattica si è rivelata utile in moltissime occasioni. Quando abbiamo deciso di fare uso dell’élite abbiamo pagato a caro prezzo il non averlo consultato.» disse Hirachi.

«Solo per curiosità, mi dite quale oracolo ha proferito a mio riguardo, giuro che non mi metterò a ridere.» chiese Ojisan.

Akire e Hirachi si guardarono tradendo imbarazzo, per la prima volta nessuna delle due osò rispondere.

«Forza, lo sapete che non dispongo più delle autorizzazioni per operare ai terminali. Muoio dalla voglia di sapere cosa ha detto quel vecchio idiota tricomputerizzato

Hirachi, timidamente, sussurrò le parole dell’unità tattica: 

«Sul nemico micidiale

Questo esercito non vale

Ma se il numero si abbassa

La Vittoria certo passa

Sarà il Gusto e non la guerra

A gettarlo nella terra

Non v’è che una soluzione

Una bella ordinazione!: «Un Porco Rosso e una Furaido Poteto! Grazie Ojisan

 «Ah ah ah!» Ojisan proruppe in una grossa risata, poi aggiunse «Tre potentissimi computer all’interno di un’unità tattica dal nome altisonante, programmata per contenere la conoscenza di tutte le battaglie della storia umana e animanghiana e non riesce ancora a dare un responso con un linguaggio comprensibile. Quando vi decidete a chiamare l’idraulico per farlo riparare?»

Akire e Hirachi trattennero una sottile risata, non era quello il momento giusto per ricordare i vecchi tempi assieme a Ojisan e al suo umorismo.

«Sentite, ho capito, la situazione è seria e, ok, vi aiuterò, ma ci sono delle condizioni senza le quali non se ne farà niente.» aggiunse Ojisan.

«Primo: mi metterete a disposizione la tecnologia di manipolazione temporale. Se devo andare in missione mi deve essere concesso di tornare un secondo dopo essere partito dal mondo reale. Ho un’impresa da portare avanti.

Secondo: mi concederete il permesso di portare indietro dai luoghi che visiterò tutte le materie prime che mi andrà di prendere, salvo gli alimenti in grado di alterare le capacità umane, tipo il frutto Gom Gom e simili.

Terzo: Hirachi deve darsi una regolata con i sensi di colpa, l’élite era formata da cloni di Soggetti, non erano nemmeno vere persone, su dai.

Se queste condizioni vi vanno bene, io ci sto.»

Akire e Hirachi si consultarono per qualche secondo, poi Hirachi rispose «Ok, vada per la manipolazione temporale e per le materie prime. In qualità di cariche più alte in grado in assenza del professore, abbiamo l’autorità per decidere. Ai miei sensi di colpa però, ci penso io.»

«Allora siamo d’accordo.» concluse Ojisan «E, solo per sapere, in quale mondo devo recarmi per primo?»

«Il tuo primo mondo è 99-MK-4.10.» rispose Hirachi.

«Ma dai! Iniziamo decisamente col botto. Ho fatto bene a portarmi il cucchiaio di legno. E, sinceramente, ho proprio voglia di fare un saluto a Teuchi di Konohagakure .»

 

 

Parte seconda – Konohagakure

TRAGHETTATORE – Ruolo e natura: il ruolo di queste entità è quello di creare passaggi interdimensionali per lo spostamento di persone e cose tra il mondo reale e l’Animanga. Solitamente restano in uno stato di immobilità e incoscienza nelle sembianze di un fantoccio, un bambolotto o, più recentemente, di una action figure. Il primo e più celebre di essi è Pakkun, creato dalla mente di Hiroshi Sasagawa. L’agenzia M.U.S.C.L.E. dispone di decine di unità e ne assegna una per ogni agente in missione. Il loro reale potere non è ancora noto, ma in seguito ad alcune misurazioni, spesso contrastanti, pare che in loro esista un potenziale di altissimo livello.

Informazioni Tecniche Aggiuntive: i traghettatori sono in grado di calcolare istantaneamente le coordinate presso le quali aprire un portale, che vengono espresse con il numero del manga e la vignetta precisa. Non dispongono di energia infinita. Dopo ogni salto necessitano di almeno quattro ore per “ricaricare” il loro potere. Un salto che non abbia rispettato i corretti tempi di ricarica non sarebbe controllabile, determinando un grave rischio per l’incolumità dell’agente. Il traghettatore, in quanto essenza eterea non rischia nulla, nemmeno in caso di salti affrettati.

Curiosità: il Pakkun traghettatore non va confuso con l’altro Pakkun, il kawaissimo carlino di proprietà di Sua Eccellenza il Sesto Hokage Hatake Kakashi.

I “SALTI”: i salti effettuati per recarsi nel mondo reale e quelli per raggiungere la base M.U.S.C.L.E. sono caratterizzati dal disagio dell’atterraggio, che è sempre brusco. Diversi sono invece i salti nell’Animanga, dove vigono leggi fisiche differenti, le quali valgono istantaneamente per qualsiasi visitatore esterno. Per la quasi totalità degli universi narrativi, atterraggi anche da grandi altezze non comportano pericoli e gli agenti possono sfruttare la prestanza fisica propria dello specifico mondo, configurata nei termini di un centesimo della forza del protagonista di quel mondo (la forza può essere aumentata fino a raggiungere il dieci per cento, grazie all’intervento congiunto di un traghettatore e di un TOTEM).

Ogni salto conduce ad un preciso episodio del manga di riferimento e le azioni compiute durante la missione devono essere il più discrete possibili. Salvo casi eccezionali le uniche interazioni dirette possono essere fatte con i “consapevoli”, ovvero quei personaggi che sanno di vivere in un mondo di fantasia, ognuno di essi è considerato come contatto dell’agente intermondo. Le interazioni con qualsiasi altro abitante dell’universo narrativo devono essere evitate in quanto si correrebbe il rischio di modificare la linea narrativa e di comparire all’interno della storia laddove non si dovrebbe.

Esistono tre tipi di salto, solo i primi due sono permessi:

 

  • Passato: un qualsiasi punto di un capitolo passato, purché le condizioni permettano di non essere visualizzato all’interno della storia.
  • Presente: se il manga è ancora in fase di pubblicazione, un qualsiasi punto attuale, purché le condizioni permettano di non essere visualizzato all’interno della storia.
  • Futuro: Vietato e punito con la morte del traghettatore e la prigione a vita per l’agente. Gli effetti di un salto nel futuro non scritto di una storia potrebbe avere effetti estremamente pericolosi per entrambe gli universi.

 

(Dal Manuale per Agenti Intermondo)

Ojisan era chiuso da ormai sei ore nella sala del consiglio. All’esterno, la paziente PìBì, traghettatore di livello uno, attendeva. Prima che la sua essenza venisse trasferita nel mondo reale aveva preso del tempo per stabilire in quale action figure stabilirsi e le era sembrato che quella raffigurante Chichi fosse molto adatta. Intendiamoci, l’indole di PìBì e quella di Chichi si possono descrivere come diametralmente opposte e, forse, proprio per questo, le era parsa una buona idea stabilirsi proprio in quella immagine così carica di decisione. Sapeva benissimo che avrebbe dovuto dare tutta sé stessa per affiancare Ojisan in una missione che si preannunciava estremamente difficile.

La doppia porta a scorrimento si aprì di colpo, Ojisan aveva finalmente terminato di ricevere aggiornamenti e istruzioni per la missione, sullo sfondo una preoccupata Hirachi e la dottoressa Akire diedero un ultimo sguardo prima di voltarsi e riprendere ad osservare i dati sui monitor.

«PìBì preparati, si parte tra due ore, destinazione Konohagakure, tempo presente.»

PìBì sussultò e a fatica trattenne un’esclamazione di esultanza. Era la sua prima vera missione operativa e già le sarebbe toccata una destinazione tanto prestigiosa.

«Sono prontissima capo! Posso chiamarla capo, vero?»

Ojisan la guardò sorridente e rispose: «”Capo” è abbastanza breve da permetterti di mettermi in guardia molto rapidamente, quindi ok!»

«Va bene capo! Ho terminato la ricarica e sono prontissima a partire! Sono contentissima di iniziare proprio dalla patria del portatore dello Spirito della Volpe a Nove Code! Pronta a ricevere le istruzioni!»

«Le rilevazioni mostrano fluttuazioni anomale nella finestra temporale relativa all’ultimo capitolo di Naruto, trova un luogo sicuro.»

«Luogo sicuro localizzato: volume 63, capitolo 700, titolo Uzumaki Naruto!! tavola 22, seconda vignetta. C’è un’inquadratura a campo larghissimo, inoltre, molti ninja sono impegnati nel sistema di sicurezza in vista del summit degli hokage e il resto del villaggio è impegnato in egual misura. Non noteranno nulla.»

«Bene, procedi.»

La piccola manina di PìBì batté sul pavimento e i due vi saltarono dentro. Pochi istanti dopo un portale si aprì a circa dieci metri di altezza, nei pressi del Monte degli Hokage. Ojisan vi sbucò fuori atterrando sulla testa del terzo Hokage. Le facce erano imbrattate con della vernice rossa, una scena arcinota. Ojisan notando quei segni esclamò: «PìBì, ci hai portati al primo episodio!»

PìBì, senza scomporsi rispose: «Tranquillo capo, non ci sono errori. Si tratta solo di corsi e ricorsi generazionali. L’autore di questo pasticcio non è Naruto, ma suo figlio, ed è stato beccato e punito poche vignette fa.»

«Ok, mi scuso.» rispose Ojisan «Sono ancora fuori allenamento e non ricordavo la vostra totale incapacità all’errore. Procediamo.»

Così detto, con pochi balzi Ojisan toccò il suolo di Konoha, sapendo esattamente dove dirigersi: al nuovo locale di Teuchi, ormai famoso a livello mondiale per il suo ramen, suo vecchio amico, nonché appartenente ai “consapevoli”.

«PìBì, le tue sembianze qui sembrerebbero fuori luogo, altro manga, altro anime. Ti prego di assumere le tua forma eterea e di seguirmi in modalità invisibile.»

Pìbì eseguì immediatamente l’ordine e lasciò la sua forma di Action Figure, smaterializzandosi e scomparendo alla vista.

Teuchi

La nuova sede di Ramen Ichiraku, ricostruita dopo i fatti di Pain, indicava che la fama del ramen di Teuchi era ormai internazionale, visitatori da tutto il mondo giungevano per assaggiare il “ramen del settimo Hokage”, come recitavano alcuni cartelli affissi alle pareti del locale. Quando Ayame, la figlia di Teuchi, nonché nuova titolare del locale vide Ojisan gli corse incontro e lo salutò con entusiasmo: «Ojisan, zietto, sei davvero tu?»

«Certo! Sono qui a Konoha per lavoro e non potevo certo evitare di fare un saluto a te e a tuo padre. Come state?»

«Tutto bene Ojisan, come vedi il locale non è più tanto piccolo come un tempo, ci siamo ingranditi!»

«Vedo, vedo. Mi fa molto piacere. Ma non vedo tuo padre al banco, questo è davvero strano.»

Ayame sorrise, come per rassicurare Ojisan e disse: «Ormai qui il capo sono io! Papà è in pensione, ma sta benissimo e ogni tanto ci dà una mano. Ora è al piano di sopra, ma te lo chiamo subito.»

«Grazie Ayame, ma» l’espressione di Ojisan si fece più seria «si tratta di lavoro, vorrei parlargli in privato.»

Ayame capì, anche se non aveva mai saputo di cosa parlassero realmente suo padre e Ojisan e rispose: «Sali quelle scale e bussa all’ultima porta, in fondo al corridoio, è lì e, conoscendolo, probabilmente ti sta attendendo.»

«Grazie tesoro, a più tardi.» così dicendo Ojisan salì le scale, in direzione del suo vecchio amico, accompagnato dal profumo del “ramen più buono del mondo”.

 

Consigli Gastronomici – Ramen Ichiraku ★★★★★: gli agenti che dovessero trovarsi a passare dalle parti di Konohagakure, non manchino di visitare Ramen Ichiraku, sia esso la prima versione, con soli cinque posti a sedere, o la nuova versione più ampia e trasformata in un vero e proprio ristorante.

(Dal Manuale per gli Agenti Intermondo, sezione: Guida Locale)

Teuchi, ormai sessantacinquenne, in questa linea temporale, era intento a leggere un libro quando, senza nemmeno attendere che bussassero alla porta esclamò: «Prego vecchio amico, entra, ti aspettavo.»

Ojisan entrò e rispose all’invito con un «Ciao Teuchi, speravo mi servissi il tuo ottimo ramen anche oggi.»

«Ciao Ojisan, ormai del servizio se ne occupa mia figlia, bisogna sapersi ritirare quando è il momento e Ayame ha imparato tutto alla perfezione. Ci ho messo anni a trasmetterle il vero segreto del ramen. Ricordi?» Chiese Teuchi.

Certamente» rispose Ojisan: «il ramen è come un universo racchiuso dentro una ciotola e noi siamo gli umili dèi che lo plasmano.»

Teuchi annuì e chiese ancora: «come vanno le cose nel tuo strano mondo?»

«Come al solito, la realtà è noiosa, drammatica e a volte sorprendente. Non pensavo che avrei potuto nuovamente “evadere” e tornare qui, ma ci sono dei fatti di cui devo discutere con te.»

«Ho saputo che Hitto è stato rapito, non so molto altro, ma mi basta questo per comprendere la gravità dei fatti e per aspettarmi una tua visita. Non avrei gradito altri che te.» rispose Teuchi.

«Grazie amico mio. Ho bisogno di sapere se la “rete” sa qualcosa. Hai sentito gli altri cuochi degli altri mondi?» chiese Ojisan.

«Mi sono giunti dei messaggi da qualcuno, ma nessuno di noi sa più di quanto già non si sappia alla M.U.S.C.L.E. Però, giusto ieri, sono passati dal locale due individui piuttosto singolari che non potevano sfuggire ad un occhio consapevole. Per puro caso ero in sala in quel momento e li ho osservati senza farmi notare troppo. Non appartenevano a questo mondo, il loro tratto era molto differente e, anche se tentavano di nasconderlo, io l’ho notato.»

«Descrivimeli.» chiese nuovamente Ojisan.

«Erano una coppia, una donna, chiaramente la figura dominante, portava un mantello ma si intravedevano abiti molto succinti, naso piuttosto a punta, labbra carnose, magra ma formosa e i capelli di colore blu e un uomo molto basso, paonazzo, con lunghi e sottili baffetti a zigzag. Lui si rivolgeva a lei come “Undicesima” ed è stato rimproverato a bassa voce, credo proprio per questo. Era evidente che tentavano molto maldestramente di passare inosservati, senza per altro riuscirci. Mentre lei ha mangiato normalmente, lui non ha fatto altro che bere sakè, fino ad iniziare a diventare molesto. Se non fosse che la donna, visibilmente spazientita, si è alzata trascinandolo via con sé, dopo aver lasciato i soldi sul tavolo, quel tizio avrebbe rischiato di essere lanciato fuori dal locale.»

«La descrizione mi suggerisce qualcosa, ma ci sono degli elementi che non tornano.» disse Ojisan pensieroso.

«Sapendo che saresti venuto ho fatto in modo di tenerli d’occhio. Hanno lasciato il villaggio non più di un’ora fa in direzione sud. Se ti affretti li troverai ancora nei boschi. Lui era ancora ubriaco e barcollava. Non credo stiano muovendosi troppo in fretta.»

«Teuchi, non hai perso minimamente le tue capacità spionistiche. Se è così devo proprio andare, ma farò di tutto per tornare a salutarti prima di fare rientro. Anche perché mi hanno dato il permesso di portare via qualcosa e lo sai che cosa desidero.»

«Tranquillo, per te ce n’è sempre in abbondanza. Fai attenzione e torna presto.»

Detto questo Ojisan uscì velocemente dal locale, salutando con un cenno Ayame, la quale aveva già assistito a questa scena in passato. Direzione, i boschi a sud di Konoha.

Una coppia scartata

«PìBì, di quanto Chakra disponiamo? Ho bisogno di correre molto velocemente e intendo davvero molto.» chiese Ojisan, ben consapevole che la presenza eterea di PìBì fosse accanto a lui. Aveva atteso di essere fuori dalle porte di Konoha per attivare il supporto necessario.

«Secondo i miei calcoli, non puoi usarne più del quindici percento, il resto potrebbe servire per stabilire una difesa.»

«Dammene il venticinque percento.» ordinò Ojisan.

«Ma capo…» tentò di controbattere PìBì.

«Esegui, se dovesse servire userò il Totem.»

«Venticinque percento di Chakra disponibile da: ORA!»

Ojisan sentì il flusso di Chakra pervaderlo e impresse una spinta sulle gambe tale da fargli raggiungere in un istante un’altissima velocità di corsa. Gli alberi e il sentiero scorrevano come in un filmato accelerato, le braccia protese all’indietro formavamo la postura decisa per quel mondo. Ad un certo punto i due percepirono qualcosa di insolito e la corsa si interruppe.

«Hai sentito anche tu capo?»

«Sì, devono essere loro.» Ojisan compì un balzo per raggiungere un ramo molto in alto. La scena che vide lo colpì: una specie di macchinario dalla forma quasi cubica, con gambe e braccia, alto circa sei metri, “camminava” goffamente per il sentiero all’interno del bosco. Da una ciminiera posta in cima al trabiccolo fuoriusciva un fumo nero e un rumore di ferraglia si diffondeva, smorzato dalla presenza degli alberi. Il simbolo di un serpente svettava sulla sua sommità, a mo’ di banderuola per il vento.

«Cosa facciamo capo?» chiese PìBì.

«Li seguiamo e vediamo dove vanno. Abbiamo Chakra residuo dal quel venticinque percento?»

«Sì capo, ancora il sette percento.»

«Ok, usalo per fornirmi la modalità silenziosa.»

«Uso del Chakra modificato, le ho inviato la sequenza Mudra, capo.»

Ojisan eseguì il Mudra, il caratteristico movimento delle mani che attiva i Chakra e i suoi movimenti si fecero improvvisamente privi di qualsiasi suono.

Il macchinario continuava con il suo goffo avanzare e, atterrando sullo stesso, Ojisan potè sentire provenire dall’interno la voce di un uomo che cantava e quella di una donna che gli urlava di fare silenzio.

«♪ Ci avete scartato, ma non cancellato. Il nostro destino è ora appannato. La gloria e la fama ci avete levato, il budget crudele così ha decretatoooouuuu! ♪» cantava lui.

«La vuoi finire con questa lagna orribile? Mi ricorda di continuo il nostro destino, basta, basta basta!» urlava lei.

Improvvisamente il cigolante golem si fermò, portandosi una “mano” alla testa che non esisteva, in un gesto che pareva chiaramente di perplessità.

Dall’interno l’uomo, quasi biascicando, disse: «Non ricordo da che parte ci hanno detto di andare. Mi è venuto improvvisamente il dubbio che non fosse sud, ma nord.»

«Sei il solito imbecille! Ma perché sono legata a te? Perché non a un principe alto, biondo e ricco!»

«Con un po’ di fantasia io posso essere alto e biondo, ma mai ricco.» rispose l’uomo.

«Io ti ammazzo, giuro che ti ammazzo!»

Dall’interno della cabina di pilotaggio provenivano rumori secchi, come di oggetti duri che colpivano parti molli.

«La prego la smetta di picchiarmi, controllo subito gli strumenti! La prego!» implorava l’uomo.

Improvvisamente a pochi centimetri da Ojisan, sulla sommità del macchinario, spuntò una piccola antenna parabolica che prese a girare su se stessa. Il tempo di un solo giro e partì un fortissimo allarme, come di una sirena. Dall’interno la voce dell’uomo gridò: «Abbiamo un intruso proprio sopra di noi!»

Ojisan capì di essere stato scoperto e balzò sul terreno in attesa di capire se avrebbe dovuto contrattaccare. La cosa più importante in quel momento era capire chi fossero i due e se fossero coinvolti con il rapimento del professor Hitto.

«Settantacinque percento di Chakra in modalità scudo.» ordino Ojisan. PìBì eseguì immediatamente.

Il “volto” del macchinario era ancora più bizzarro della sua forma posteriore e raffigurava quello che poteva sembrare il volto di un panda, ma mal disegnato e asimmetrico, con gli occhi disallineati e la bocca storta. Improvvisamente dagli occhi si formarono due aperture a saracinesca e all’interno di ognuna di esse si fecero chiare le sagome dell’uomo e della donna, esattamente come Teuchi le aveva descritte.

«Ehi tu, non mi piace che scrocchi passaggi in questo modo.» disse il piccolo uomo paonazzo. «Ora ci devi pagare per il passaggio.»

Ojisan rispose: «Scusate signori, avevo un po’ di fretta e ho pensato che poteste darmi un passaggio sul vostro magnifico veicolo.»

«Magnifico?» esclamò la donna. «Ma se è uno schifoso e traballante accrocchio. Ho dovuto rimettere dentro i seni almeno dieci volte da quando ci siamo messi in viaggio.»

Questo commento lascio di stucco Ojisan, mentre il piccolo uomo si girò verso la donna, con un filino di bava alla bocca e uno sguardo che pareva tradire la volontà che ciò accadesse.

«Ehm, ok.» aggiunse Ojisan che, a quella affermazione, non avrebbe saputo come rispondere.

«Quanto afferma la mia stupenda collega non è del tutto esatto. Il mio PandaMongus è un concentrato di tecnologia, una macchina letale perfetta, esteticamente discutibile, ma potentissima e ora te lo dimostrerò, a meno che non ci paghi quanto ci spetta: mille monete di super oro.» aggiunse il piccolo uomo.

«Signori, io non ho una cifra del genere con me e non mi pare sia comunque giustificata.» rispose Ojisan.

«Allora se è così non ci resta che combattere!» aggiunse la donna.

«Ma signori, io non ho intenzione di combattere.» rispose Ojisan, che sussurrò poi a PìBì: «Tieniti pronta, questi idioti fanno sul serio e credo di aver capito chi sono.»

La donna, visibilmente inviperita, esclamò: «Va bene scroccone, lo hai voluto tu, hai incontrato i tipi sbagliati e ti faremo tremare. Io sono Lovely e lui è Botticelli, siamo la coppia scartata dalla Tatsunoko, il successo mai nato per problemi di budget, siamo il Duo Serpe e tu sei morto!»

Detto questo le saracinesche all’interno degli occhi del panda deforme si richiusero e dal trabiccolo fuoriuscirono lame di ogni genere pronte a colpire.

I fendenti si susseguivano uno dietro l’altro e Ojisan, dando fondo al Chakra disponibile ad ogni schivata, iniziava ad essere in difficoltà. Improvvisamente una palla chiodata lo centrò in pieno, scagliandolo contro il tronco di un albero.

«Ahahah, stupido scroccone, sei finito. Il Duo Serpe vince sempre, anche se questa è la nostra prima vera battaglia!» esclamarono i due all’unisono.

Così dicendo, si avvicinarono minacciosamente ad Ojisan, decisi a scagliare il colpo finale con l’intento di uccidere.

«Capo, capo, si riprenda. Capo!» urlò PìBì, ma Ojisan non si riprendeva.

«Botticelli, finiscilo e fa in modo che ci sia tantissimo sangue!» ordinò Lovely.

«Certamente mia adorata, mi basta premere questo grosso pulsante rosso posto al centro di un pannello sul quale non vi è nessun’altro pulsante, il che indica chiaramente che non dovrei farlo senza prima sapere perché l’ho messo proprio lì corredato dalla scritta “non premere assolutamente”, click.»

Il macchinario/panda inizio a prendere se stesso a martellate in testa, deformandosi ad ogni colpo. Dall’interno della cabina le grida isteriche di Lovely all’indirizzo di Botticelli aggiungevano ancora di più un tono surreale al tutto.

«Cretino *sbonk*! Sei un cretino *sbonk*! Hai premuto l’autodistruzione lunga *sbonk*. Ora andremo avanti ore *sbonk* a prenderci a martellate *sbonk*! Fai qualcosa, dannato ubriacone *sbonk, sbonk, sbonk*

«Aspetti mia dea, ho l’autodistruzione dell’autodistruzione.» Botticelli premette un altro tasto e il macchinario smise improvvisamente di prendersi a martellate.

«VOGLIO UN PRINCIPE ALTO, BIONDO E RICCOOOO!» gridò Lovely.

«Io invece voglio finire questo scroccone.» disse Botticelli e, così dicendo, premette il pulsante corretto, facendo fuoriuscire una lunga canna di arma da fuoco da un punto del macchinario/panda che preferiremmo non descrivere.

Proprio in quel momento Ojisan riuscì a riprendere conoscenza in tempo per sussurrare: «Totem al cento per cento, ora» ed estrasse da una tasca interna della giacca militare il suo cucchiaio di legno.

TOTEM: Oggetto del mondo reale che possiede un fortissimo legame con il suo possessore. Il Totem è in grado di incanalare grandi quantità dell’energia in uso nell’universo narrativo in cui ci si trova e di trasformarsi in un’arma devastante. Ha altresì proprietà terapeutiche, garantendo la totale guarigione del suo proprietario con la semplice attivazione. In aggiunta, vi sono Totem in grado di prendere la forma di veicoli, armature e di altri oggetti o armamenti necessari allo svolgimento della missione. Dopo il loro utilizzo come arma finale, i Totem si autodistruggono o restano gravemente danneggiati e inservibili. Dato il loro altissimo valore affettivo, gli agenti sono restii ad usarli, ma sono obbligati a portarne sempre uno con loro.

(Dal Manuale per gli Agenti Intermondo)

Un raggio di energia abbagliante e dal calore intenso investì il macchinario/panda e i due villain, incenerendo il primo e lasciando in mutande gli altri, con Botticelli, svenuto a cavalcioni sul ramo di un albero e Lovely nel tentativo di coprirsi.

Ojisan, completamente ristabilitosi, stringeva in mano il suo Totem e, minaccioso, si rivolse a Lovely: «Questo cucchiaio di legno è stato il dono che il mio maestro, Takeshi, mi ha fatto prima di partire per sempre per un lungo viaggio. Era un oggetto molto prezioso e, ora, sarà meglio che tu mi dica tutto quello che sai o non mi limiterò a lasciarvi in mutande.»

Lovely, in lacrime esclamò: «Voglio un principe…»

«Sì, sì, alto, biondo e ricco. Lo abbiamo capito, ma ora ti conviene rispondere. Avete a che fare con la sparizione del professor Hitto?»

Lovely, impaurita da questa domanda rispose: «Non posso dirti nulla o Lui ci farà fare una fine ancora peggiore.»

«Lui, chi?» chiese Ojisan.

«Non sappiamo chi sia. Si fa chiamare Adam e ci ha offerto il successo che ci è stato negato con l’undicesimo capitolo di Time Bokan, mai sviluppato per problemi di budget e di ricerca di mercato sfavorevole. Dovevamo incontrare una spia a sud, o a nord, di Konoha, ma ormai la copertura è saltata e la missione deve essere interrotta.»

«Dov’è il professore?» chiese Ojisan.

«Beh, il professore è… in un luogo dove non potrete mai trovarlo!» così dicendo Lovely premette un pulsante preso da chissà dove, visto il suo attuale stato e in un lampo luminoso scomparve. Idem fece qualche istante dopo Botticelli, lasciando sul campo i rottami del loro macchinario.

«Capo, cosa facciamo?» chiese PìBì, ancora nella sua forma eterea.

«Non lo so. La situazione è più seria del previsto. Questi due sono quanto di peggio potesse capitarci. Avere a che fare con le creazioni Tatsunoko significa finire in un vortice di delirio e di imprevedibilità. Dobbiamo tornare alla base a riferire. Ma prima dobbiamo tornare al villaggio. Devo fare ancora una cosa.»

Ritorno a casa

Hakire sorseggiava il suo caffè, mentre Ojisan snocciolava il suo rapporto e Hirachi prendeva appunti. Le nuove informazioni, anche se non portavano a nulla, permettevano di identificare un nemico preciso. Ora sarebbe stato compito di M.O.T.O.R. A.R.M. mettere a punto una strategia d’azione e non restava che monitorare gli universi per scoprire in quale mondo avrebbero fatto la loro comparsa il Duo Serpe.

«Signore, dovete scusarmi, ma io devo tornare al mio locale.» avvertì Ojisan.

«Sì, ma resta in attesa di nuovi ordini.» disse Hirachi.

«Oh sì tranquille, se l’accordo resta valido, per quanto mi riguarda io ci sono.» rispose Ojisan.

Akire sorrise e disse: «Ojisan, l’accordo resterà valido e se non fosse per questa situazione d’emergenza, verrei volentieri a “prenderne parte”. A presto.»

«A presto.» ribatté Ojisan che poi, rivolgendosi a PìBì disse: «Pronto per il salto, quello fastidioso.»

PìBì aprì il portale e, con un atterraggio molto diverso da quello di Konoha, Ojisan tornò nel mondo reale e PìBì riprese le sembianze statiche dell’action figure.

Poche ore dopo Cibichibi accoglieva i primi clienti. Uno di loro, Leo, gustandosi il Naruto Ramen esclamò: «Carne deliziosa Ojisan. Ma come la fai?»

Ojisan, uscendo dalla cucina rispose: «E’ una carne speciale, presa direttamente a Konoha, dalle mani di Teuchi. E’ così buona perché proviene da una selezione originata da un sacro Cercotero, carne sacra, di un altro mondo.»

Leo, prima di riprendere a gustarsi il suo ramen rispose: «Certo, certo.»

 

FINE DEL PRIMO CAPITOLO

Il capitolo due sarà disponibile da martedì 15 ottobre sulla nostra newsletter e da venerdì 15 novembre qui sul sito. Per iscriverti alla newsletter di CibiChibi va qui.

Al prossimo capitolo de Il Fantastico Mondo di Ojisan!